domenica 13 giugno 2010

SULLA TOMBA DEI NOSTRI PADRI E MADRI / TERRA SANTA 8

Ieri sera dopo cena visita al “Muro del pianto”. Il Sabato è terminato con il calare del sole, ma c’è ancora aria di festa. La città è animatissima, nel fresco della sera. Le famiglie ebree passeggiano nei loro abiti caratteristici che li identificano nelle diverse tradizioni. Anche noi ci accostiamo al Muro, gli uomini da una parte le donne dall’altre, per pregare per Gerusalemme, per la pace, per l’unità.

Questa mattina siamo nuovamente nello stesso luogo, ma lo scenario cambia completamente. Siamo passati in ambiente musulmano, dal Muro Occidentale alla spianata del tempio che lo sovrasta, con le moschee della Roccia, luogo del sacrificio di Abramo (Isacco per ebrei e cristiani, Ismaele per musulmani) e di El-Aqsa, il luogo più lontano raggiunto dal Profeta nel suo viaggio al cielo. Fa una bella impressione vedere i Musulmani che, nel fresco giardino, leggono in cerchio in Corano. La presenza musulmana non permette – come a noi piacerebbe – gli scavi per approfondire la conoscenza di quei luoghi antichi.
Vicino la casa di Giacchino e Anna. La visita è un momento bellissimo per scoprire la casa dei genitori di Gesù e immergerci nel mistero della famiglia di Maria e di Gesù. Accanto la piscina probatica.

Ripercorriamo, meditando, la Via Dolorosa, che si è snodata in mezzo al mercato, tra gente presa da mille cose, nella stessa situazione che avrà vissuto Gesù quando passava di lì, non degno di attenzione perché un condannato a morte, un malfattore.
Le nostre impressioni non sono dissimili da quelle provate da Chiara più di 50 anni fa: «Era una vecchia strada di Gerusalemme, in salita, variata ogni tanto da qualche scaletta di pietra. Una strada miserabile, larga forse tre metri, riecheggiante le urla dei mercanti, che a destra ed a sinistra vendevano la loro merce; esalante un odore che era un misto di sudore, di sporco, di pelli d’animali, di frutta profumate, di croccanti di vari colori. Gente che andava e veniva sgomitandosi, indossando i costumi più vari dell’oriente e dell’occidente. Le botteghe eran praticate nei porticati delle case antiche, se non nei sotterranei, sotto arcate vecchie, che rendevano più cupo l’ambiente e, con la gente, con le mosche che ronzavano attorno ai pasticcini, pecore e capre. Volti scuri, sotto il turbante bianco sciolto, di uomini rassegnati o poco rassegnati a quella vita di miseria. Volti invisibili, coperti d’un velo nero, di donne.
(…) e lungo questo bazar – (…) ogni tanto una porta un po’ più pulita delle altre che non si sapeva se appartenesse ad una casa o ad una cappella – comunque praticata fra le case (…): “Ecco una stazione, ecco la terza, ecco la quarta... Qui Gesù incontrò Maria, qui il Cireneo...”».

Nel pomeriggio il Cenacolo e la chiesa della Dormizione della Vergine. Nella cripta, davanti alla statua di Maria adagiata, un gruppo di donne cinesi intona commoventi pianti rituali per la morte della Madonna. Nel “Cenacolino”, la chiesa dei Francescani addossata al Cenacolo, la messa che ci fa rivivere i grandi misteri di quel luogo: la lavanda dei piedi, l’Eucaristia, il sacerdozio, il comandamento nuovo, la preghiera per l’unità, il sacramento del perdono dei peccati, la Pentecoste…

Testo e contesto

Ieri, nella chiesa dell’Orto degli Ulivi sono stati ordinati diaconi 11 salesiani e 6 missionari d’Africa dei Padri Bianchi.

Questa sera, dopo cena, incontro con una famiglia ebrea per conoscere come loro vivono i rapporti con il mondo arabo-palestinese e come lavorano il dialogo nonostante le difficoltà.

Personal box

Mattinata a Hebron, sulla tomba dei Padri: Abramo, Isacco, Giacobbe, e sulla tomba delle madri: Sara e Rebecca; quella di Rachele è vicino a Betlemme, imprigionata dall’alto muro di divisione fra parte israeliana e palestinese.

Lungo la strada da Betlemme a Hebron mi fermo al villaggio di Urtas, in fondo ad una piccola valle circondata dalle colline brulle e rocciose caratteristiche della Giudea; è l’“hostus conclusus” del Cantito dei Cantici, irrigato dalla “fons sigillata” che sgorga più in alto. Qui veniva re Salomone, come racconta lo storico Giuseppe Flavio, per godere l’abbondanza delle acque e del verde. Più avanti, ad Ain Dirwe, la fontana dove Filippo battezzò l’eunuco di Candace. Qua non muovi passo che ti imbatti in luoghi biblici. Vedo l’indicazione per Tecòa e come non posso non pensare al profeta Amos…

Ma vedo anche gli insediamenti ebraici, le postazioni dei militari, le divisioni, all’interno dei Territori palestinesi, di zone A di soli palestinesi e quindi interdetti agli ebrei; di zone B comuni a palestinesi ed ebrei; di zone C di soli ebrei e interdetti ai palestinesi. Le stessi divisione all’interno della città, segno palese dell’assurdità delle divisione e della guerra.

Prima di visitare le tombe dei padri visito l’università e rimango colpito dalle studentesse col velo e disinvolte, che studiano insieme ai ragazzi; cammino nella città vecchia, nella zona del mercato… Anche le tombe sono divise tra musulmani ed ebrei; la stessa tomba del padre Abramo può essere guardata da parte musulmana stando nella moschea e da parte ebraica stando nella sinagoga e così, pur guardando l’unico padre non ci si riconosce fratelli; i militari mantengono i settori ben distinti con rigidi controlli.

Ho visto la quercia di Mambre, sotto la quale Abramo accolse i tre angeli in sembianze di viandanti. Ho mangiato anche la “zuppa di Abramo”, quella che avrebbe offerto ai tre, e l’agnello cucinato in forno in piccole giare d’argilla…

Al ritorno passo dall’Herodium, la collina a cono fatta costruire da Erode nel deserto di Giuda per il suo palazzo. Non posso salirvi perché sono su una macchina con targa palestinese.

Che il patriarca Abramo, padre di ebrei, cristiani e musulmani, assieme a Sara, madre di ebrei, cristiani e musulmani, ci aiutino a riconoscerci fratelli e a vivere nella pace.

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