domenica 23 gennaio 2011

Gerusalemme, città dell’unità

Se c’è un luogo dove maggiore è la divisione è proprio Gerusalemme, dove si materializzano tutte le tensioni. Eppure, nell’immaginario di ebrei cristiani e musulmani, Gerusalemme è la città dell’unità.
È naturale che l’attuale comunità cristiana di Gerusalemme, incaricata di preparare il tema per la settimana dell’unità dei cristiani, abbia riproposto il modello della prima comunità cristiana di quella città.

Rispondendo ad una intervista della radio della CEI, ho ricordato che lì, duemila anni fa, attorno agli apostoli, si radunano “uomini religiosi di tutte le nazioni che sono sotto il cielo”, come raccontano gli Atti. Lì si ricostituì l’unità del genere umano disintegrata a Babele: nonostante la diversità delle lingue presente, tutti i popoli si capivano!!! Secondo l’adagio patristico “ciò che Babele ha disperso, Gerusalemme l’ha riunito”.

La Pentecoste segna l’origine di un popolo nuovo chiamato a raccogliere tutti i popoli della terra, caratterizzato dalla comunione, dono dello Spirito, evento di grazia. La prima comunità cristiana di Gerusalemme mostra la prima nota della Chiesa, l’unità. Siamo tutti figli e figlie di Dio, fratelli e sorelle, chiamati a vivere nella stessa casa, un’unica famiglia.
L’immagine della comunità delle origini sarà ormai per la Chiesa di tutti i tempi l’ideale a cui tendere. Se Gerusalemme è sinonimo di intesa e di fraternità tra popoli diversi, fusi dall’amore di Dio riversato nei cuori, al punto da far di tutti un cuore solo e un’anima sola, l’unità per noi è un imperativo divino. Era stata l’ultima ardente preghiera di Gesù al Padre: “Che tutti siano uno”, rivelazione dell’anelito profondo di Dio. Sì, perché anche Dio ha un sogno, un desiderio. Egli che è Padre vuol vedere i suoi figli e le sue figlie uniti nell’unica famiglia umana. È per questo che ci ha creati, perché fossimo in comunione con lui e tra di noi.
Oggi come allora occorre arrivare non a parlare la stessa lingua – che ognuno rimanga con la sua, come allora – ma ad intendersi in quella lingua comune che è l’amore.

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