giovedì 30 giugno 2011

San Paolo a Roma: Santa Maria in Via Lata

Un’altra discesa nella Roma sotterranea. Mi dicono che questo è il luogo nel quale san Paolo ha vissuto durante la sua prigionia romana. Ma non era nell’insula di san Paolo alla Regola? No, secondo un’altra tradizione la prigione sarebbe stata proprio qui, in via Lata (via Larga), l’attuale via del Corso.
Nella festa dei santi Pietro e Paolo scendo dunque negli scavi sottostanti la chiesa, fino a raggiungere i resti di un portico o casa romana del primo secolo.
La devozione popolare vi ha venerato la casa di Luca evangelista che qui vi avrebbe scritto gli Atti degli Apostoli, dipinto immagini della Madonna, ospitato Pietro, e accolto Paolo nei due anni di prigionia in Roma. Lasciamo stare, per un attimo le tradizioni e godiamoci gli ambienti. Stanze dopo stanze… Gli scavi non sono ancora completati e si intravedono altri locali. Doveva esserci un mercato rionale, o forse delle taberne. Alla fine del VI° sec., alcuni ambienti dell'antico portico o insula vennero trasformati in una diaconia, probabilmente gestita da monaci della Grecia o della Cappadocia. Nel 2010 il pozzo, a seguito di una ricerca archeologica, ha restituito vari oggetti in ceramica e metallo, e la catena di ferro di circa due metri, che era avvolta alla colonna (quella che teneva prigioniero Paolo?). Un cippo di marmo (cippo funerario romano?) è stato riusato come altare; una tradizione vuole che su questo altare abbia celebrato S. Gregorio. Gli affreschi sono stati asportati e ora custoditi al Museo di Roma.
Non potrebbe essere questo il luogo della seconda prigionia di Paolo? Quella nella quale ci fu veramente il processo, seguito dalla condanna e dalla decapitazione? Vari pannelli ripropongono frasi sulla sua prigionia tratte dalla Lettera a Filemone, ma sono inadatte, perché questa lettera fu scritta molto probabilmente durante un’altra precedente prigionia ad Efeso. Chissà che non siano più appropriate, per quest’ultima prigionia romana, le parole della seconda lettera a Timoteo, che se pure fu scritta da un discepolo Paolo, sembrano tramandare i ricordi di quegli ultimi drammatici momenti che ci mostrano l’apostolo solo, sostenuto soltanto da Luca. Era stato trascinato via d’improvviso e con forza, senza neppure poter prendere mantello e pergamene. Vi si legge: “Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro, né di me, che sono in carcere per lui… Cerca di venire presto da me, perché Dema mi ha abbandonato, avendo preferito le cose di questo mondo, ed è partito per Tessalònica; Crescente è andato in Galazia, Tito in Dalmazia. Solo Luca è con me... Venendo, portami il mantello, che ho lasciato a Tròade in casa di Carpo, e i libri, soprattutto le pergamene. Nella mia prima difesa in tribunale nessuno mi ha assistito; tutti mi hanno abbandonato… Il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli, nel suo regno; a lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen”. In questo 29 giugno, nel quale celebriamo il suo martirio, queste parole di Paolo, lette in questo ambiente dove hanno vissuto e pregato generazioni e generazioni di cristiani nel ricordo della sua memoria, mi restituiscono la sacralità dell’esperienza dell’Apostolo, l’eroicità della sua testimonianza e della sua passione per Cristo e per il suo Vangelo di salvezza, e mi invitano a riscegliere Gesù come l’unico Signore, per il quale vale la pena dare anche la vita.

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