lunedì 13 giugno 2011

Viaggio in Sud Africa / 16 – Victory Park

12 giugno
Il mio viaggio in Sud Africa si conclude nella Chiesa St. Charles a Victory Park, una delle più belle parrocchie oblate, una delle più grandi di Johannesburg. Nata con l’Apartheid è naturalmente una comunità quasi interamente bianca. Venerdì è venuto l’arcivescovo oblato di Johannesburg Buti Joseph Tlhagale - lui è nero - per conferire la cresima a una settantina di giovani tra i 17 e i 18 anni. Vi sono infatti molte famiglie giovani. Una quarantina i gruppi che animano la vita parrocchiale.
Oggi, domenica di Pentecoste, la liturgia è particolarmente solenne. Dopo il saluto iniziale tutti i bambini si presentano per la benedizione, quindi vanno nelle loro sala per vivere insieme una liturgia della Parola adatta a loro; ritornano soltanto al momento dell’offertorio. L’omelia la tiene un diacono. Il coro è numeroso e ben compatto. Certo siamo lontani dalle musiche africane che ho sentito da altre parti. Tutti, come ogni giorno, fanno la comunione sotto le sue specie, con 10 calici. All’uscita della messa, nel parco antistante la chiesa, sono pronti panini e bibite per la festa domenicale. Si respira la gioia della domenica!
Sarebbe arrivato il momento, prima di partire, di fare finalmente una passeggiata in centro, anche perché questa è la prima giornata relativamente calda. Quello che mi è mancato di più in questi 15 giorni è il pane e il tempo per camminare tra la gente! La guida turistica sulla città dell’oro, la più popolosa del Sud Africa, mi dice che “vi troverete un’atmosfera rara, coi suoi venditori di strada e il profumo di mais e carne cucinati nelle bancarelle”; mi invita al “Nelson Mandela Bridge, il più lungo nel suo genere di tutta l’Africa meridionale. L’area è molto animata e viva, ricca di eventi, musei e caffé”.  Ma tutti me lo sconsigliano caldamente: troppo pericoloso, troppa violenza, non si può passeggiare nel centro, la vita non vi vale niente, si può uccidere per un telefonino…
Pat, il responsabile del focolare, qui a 30 anni, viene a prelevarmi e mi consiglia una passeggiata alla Gillosley Farm, un parco fuori città. Camminiamo per alcune ore sulle colline di roccia antica (in realtà cime di montagne perché l’altopiano è già sui 2000 metri) da dove si possono ammirare le diverse parti delle città molto distanti tra di loro, quella antica, quella finanziaria, quella industriale…
 “Perché, domando a Pat, tanta violenza?”. Perché la legge e la moralità ci sono e sono molto forti, ma all’interno del proprio clan; fuori non esistono più; la legge dello stato non ha senso. La gente, sradicata dai loro villaggi, ammassata nella città, perde la propria identità, il senso di appartenenza… Per l’anima africana senza il riferimento comunitario nulla ha più valore”.
Ritroverà l’Africa la sua anima?

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