lunedì 22 agosto 2011

Viaggio in Argentina – L’ebreo che non si sposò per sposare la Bibbia



Abbiamo dovuto aspettare che comparissero tre stelle in cielo, il segno che il Sabato era terminato. Soltanto allora siamo potuti partire. L’appuntamento era davanti ad un grande albergo del centro di Buenos Aires dove erano alloggiato alcuni dei ostri amici ebrei venuti dagli Stati Uniti, Europa, Israele. Abbiamo dovuto aspettare la fine del Sabato perché prima non si poteva viaggiare. Il pullman è finalmente partito e dopo tre ore di viaggio siamo arrivati alla Mariapoli Lia, in piena notte.
Sono venuto qui tanti anni fa, una trentina? La cittadella è molto cresciuta: nuove casette, la chiesa, i saloni, nuove strade, il polo industriale… Tutto ben distribuito sui vasti spazi erbosi di questa sterminata campagna. Sembra impossibile che attorno ad una donnetta piccola e minuta come Lia sia sorta una così grande Mariapoli. È perché lei era così trasparente che faceva passare solo Dio? Ha fatto tante cose, ha detto tante cose… eppure il ricordo più bello di lei è quando, a Roma, mi ha regalato il più buon castagnaccio che abbia mai mangiato in vita mia. Perché di una persona rimangono gesti d’amore così semplici?
Abbiamo celebrato la giornata della pace che qui in Mariapoli si tiene da quindici anni tra cristiani ed ebrei. Tante testimonianze, tra cui spiccavano quelle di tre ragazze venuta da Israele. Il momento culmine quando in cerchio (eravamo 300 persone) attorno a un ulivo portato da Gerusalemme e piantato qui 15 anni fa, abbiamo pregato e cantato ondeggiando allo stile ebraico, tenendoci abbracciati.
Contemporaneamente 180 giovani hanno svolto a parte la loro giornata della pace, lavorando in gruppi di interessi.
Attorno all’ulivo pensavo che noi cristiani siamo innestati sul ceppo di Israele, su quell’ulivo, come ci ricorda san Paolo. Continuiamo a vivere d’Israele e non possiamo fare a meno d’Israele se non vogliamo seccare.
Quante cose ci insegnano questi nostri fratelli! Prima di tutto la passione per la Sacra Scrittura. Ricordo di aver letto l’aneddoto di Rabbi Jochanan (+ 279) che andò da Tiberiade a Seffori appoggiandosi alla spalla di Rabbi Chijja bar Abba. Giunsero a un campo. Disse: Questo è stato mio e io l’ho venduto per potermi occupare della Torah. Giunsero a un oliveto. Disse: Questo era mio, e io l’ho venduto per potermi occupare della Torah. Rabbi Chijja bar Abba cominciò a piangere e disse: Io piango perché tu non ti sei riservato nulla per la tua vecchiaia. Rispose: Chijja, figlio mio, Chijja, figlio mio, è poca cosa ai tuoi occhi che io abbia venduto qualcosa di ciò che è stato creato in sei giorni, per acquistare con questo qualcosa di ciò che è stato dato in quaranta giorni e quaranta notti?.
Ben Azzai per lo studio della Torah aveva rinunciato a sposarsi e si giustificava dicendo: «Che cosa devo fare? La mia anima è attaccata alla Torah e il mondo può continuare per opera di altri».

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