sabato 26 novembre 2011

Eterotopia e i luoghi del Risorto

Anche oggi la società ha bisogno di monasteri, di centri di spiritualità, di comunità carismatiche, oasi di contemplazione e scuole di preghiera e d’umanità, di educazione alla fede e di accompagnamento spirituale, bozzetti di umanità realizzata secondo una relazionalità che ha come modello la stessa vita della Trinità. Ha bisogno di chi sappia ridare autentici e attualizzati valori fondanti all’economia, alla politica, al vivere sociale. Ha bisogno della testimonianza viva della fraternità, che sappia amalgamare in nuova unità culture e popoli.
Piuttosto che i luoghi dell’utopia, che rimandano a un mondo meraviglioso ma non esistente, occorre creare quelli dell’eterotopia (un luogo – topos – differente – heteros – da quello che abitualmente conosciamo e abitiamo), che lasciano intravedere ciò che la redenzione ha operato e come può essere una società animata dal Vangelo. Dobbiamo poter creare gli “spazi del Risorto” che diano visibilità al cielo sulla terra, un “paradiso terrestre” che non sarà più quello dell’Eden, ma della nuova umanità dove regna la comunione di cuori e di beni come nella prima comunità cristiana di Gerusalemme.
Penso a luoghi di pellegrinaggio come Lourdes, Medjugorje, solo per ricordare i più noti, spesso retti o animati da religiosi e religiose, dove ogni giorno si operano conversioni. Penso a monasteri come Bose, luoghi di accoglienza e di dialogo, aperti anche a persone non credenti, che ritrovano il senso della vita. Penso alle cittadelle del Movimento dei Focolari, una ventina in tutto il mondo, in particolare alla prima, Loppiano, con i suoi 900 abitanti provenienti da 70 nazioni dei cinque continenti, di ogni vocazione, che lavorano, studiano, come in ogni città, dando però un particolare significato a ogni azione quotidiana, racchiuso nel comandamento dell’amore reciproco: essa costituisce una testimonianza evangelica per le 40 mila persone che la visitano ogni anno. Questi luoghi del Risorto sono forse gli strumenti oggi più adeguati per una nuova evangelizzazione.
La nuova evangelizzazione richiede dunque nuovi evangelizzatori, così come richiede nuovi strumenti di evangelizzazione. Ma soprattutto mi sembra che essa domandi la capacità di creare questi luoghi del Risorto che dicano Vangelo con la vita e con strutture umane evangelizzate. Luoghi dove si possa invitare chiunque: “Venite e vedete”. Luoghi che proclamano non un messaggio consolatorio o intimista, ma la piena rilevanza umana e sociale della buona novella. Nella cultura contemporanea il Vangelo più che predicato va fatto vedere nei suoi frutti sociali, mostrando la sua capacità di trasformazione del lavoro, dell’economia, della sanità, della scuola, dello spettacolo, delle arti, fino a plasmare persone realizzate, tessere rapporti autentici, creare strutture umane vivibili e sostenibili.

Questo ho proposto, tra l’altro, nell’intensa giornata di studio che si è svolta all’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum sul tema della nuova evangelizzazione.

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