sabato 12 novembre 2011

La Bibbia di nonno Amberto


Nonno Amberto era stato trascinato a combattere una guerra infame in Albania. Sarebbe dovuta essere una marcia trionfale, una guerra lampo, come sono tutte le guerre nelle menti esaltate dei generali. Ma quando il capitano invitò i soldati a zappare la terra e a coltivare gli orti fu subito chiaro che le cose si sarebbero messe per le lunghe. Alto, bella presenza, serio, il nonno pareva nato per essere ufficiale. Infatti fu chiamato al comando per promuoverlo di grado, ma quando si seppe che non sapeva né leggere né scrivere non se ne fece nulla. «Peccato!», dissero.
La guerra finì, come finiscono prima o poi tutte le guerre, senza concludere nulla. Amberto tornò a casa e ricominciò il lavoro dei campi. A sera, dopo cena, prendeva sulle ginocchia la bambina più piccola.
«Ti racconto la storia di Giuseppe ebreo», le diceva, e cominciava il racconto del figlio di Giacobbe, a cui il padre aveva fatto cucire una tunica dalle lunghe maniche. Era il figlio della vecchiaia, Giuseppe, il prediletto, un sognatore. L’invidia e la gelosia dei fratelli arrivarono al punto  di farlo vendere schiavo. Ed ecco Giuseppe in Egitto, con le tristi e felici avventure: la sfacciata e perfida moglie di Potifarre, il carcere, l’ascesa a gran visir, il drammatico incontro con i fratelli... Una storia a lieto fine. Una storia, come ha scritto Alighiero Chiusano, che «mette il silenziatore a tutte le più belle favole di bambini smarriti e di orchi sanguinari, di genitori in angustia e di sogni che si avverano, di sovrani che di punto in bianco ti cambiano da schiavi in viceré e di fratelli malvagi che alla fine vengono giustamente puniti, magari col perdono... Ma questa fiaba è così irresistibile anche perché solo fiaba non è. La vicenda di Giuseppe e del mondo che gli sta intorno è anche romanzo: grande grandissimo, moderno modernissimo romanzo. Romanzo avventuroso... romanzo erotico... romanzo psicologico... romanzo storico... un romanzo così bello che molti grandi “creativi” non hanno resistito alla tentazione di riproporlo... Metastasio, Hofmannsthal (con musica di Richard Strauss), il lituano Rajnis, Thomas Mann». E mia mamma ascoltava, incantata... Non sapeva leggere né scrivere, nonno Amberto. Dove avrà imparato la storia narrata dal primo libro della Bibbia? Ho poi saputo che erano tanti i nonni che nell’Italia del primo Novecento narravano la storia di Giuseppe ebreo. Passava di bocca in bocca, come un poema epico. Una Bibbia orale, così come sulle pareti delle chiese romaniche e sulle vetrate delle chiese gotiche si disegnava la “Bibbia dei poveri”, perché tutti potessero conoscere le gesta di Dio, dei suoi profeti, del Figlio suo.

È l’incipit del libro “La storia di Dio e la mia. La Bibbia fonte d’ispirazione per l’uomo”, oggi presentato a Ciampino. Un momento di dialogo e di festa.
Non è stato un commento al libro o una intervista all’autore. Il libro è stato il punto di partenza per una comprensione biblica più profonda e per una condivisione intensa. Il libro ha svolto la sua missione di far pensare; esso comincia quando lo si chiude e il lettore continua a percorrere da solo la strada che gli è stata aperta dinanzi.

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