mercoledì 21 dicembre 2011

L’India vista dal risciò.


21 dicembre 2011. Lentamente il vicinato si risveglia. È un autentico “vicinato”, addossati come siamo gli uni agli altri, con le finestre sempre aperte. Senti il canto dei galli, quello del muezzin, i gargarismi delle pulizie del mattino, le mamme che invitano i bambini a vestirsi per andare a scuola, le musiche familiari delle suonerie dei cellulari. Poco più tardi s’ode il suono dei campanellini per la preghiera e l’offerta che si leva in ogni casa agli dei hindu, la voce dei venditori ambulanti che passano con le verdure, il ritmo monotono dell’impastatrice della casa in costruzione (a ogni angolo c’è una casa in costruzione), il battito regolare del martello del carpentiere…
In cammino verso la strada principale si può dialogare con tutti: col sarto, il barbiere, il panettiere, il farmacista… non c’è bisogno di entrare nel negozio e neppure che il venditore si affacci sull’uscio: è tutto aperto, in una compenetrazione costante tra strada, casa e bottega: incondizionata apertura all’essere e al dialogo!
Salgo su un autorisciò, le simpatiche api della Piaggio, nere e gialle, che possono portare tre persone più il conducente. Sgattaiolando per gli angoli delle strade puoi percepire la vita quotidiana: la ragazza hindu con il sari coloratissimo va a braccetto con l’amica musulmana, completamente velata di vero dalla testa ai piedi; i vecchi si aggirano beatamente, godendosi il fresco del mattino, vistiti di bianco, con le bustine o i turbanti in testa; i bambini e le bambine della scuola con le uniformi e le scarpe di plastica; i carretti con la frutta deposta, con infinita pazienza, a piramide, tutta voltata verso lo stesso verso; i carri trainati dai buoi, i bufali e le vacche che vanno a passeggio per strada, indisturbati; gli uomini arrampicati sulle impalcature di canne di bambù o di pali di legno e le donne, che non rinunciano al sari, fanno da trasportando sulla testa cardarelle di sabbia e sassi, con i loro bambini che giocano ai margini del cantiere, mentre la gente che sta a guardare… Mi piacerebbe noleggiare un risciò per un giorno intero ed andare in giro per la città così…
Giungiamo al campus universitario cattolico, un piccolo Vaticano nella grande città: l’istituto di teologia e filosofia tenuto dai Gesuiti, quello di missiologia dai Verbiti, il centro di psicologia e di orientamento vocazionale, il seminario nazionale, il Collegio De Nobili dei Gesuiti, le residenze degli studenti, una decina di collegi di congregazioni religiose, dai Vincenziani ai Cappuccini, dai Sacramentini ai Paolini... In questa oasi di silenzio, con parchi, laghetti, coltivazioni di banane, boschi di bambù, vivono un migliaio di religiosi e seminaristi. Gli Oblati hanno scelto di costruire la loro semplice casa in quartiere comune della città e ogni giorno vengo a scuola qui, con le loro biciclette. Trovo un paio dei nostri studenti nella bella biblioteca, intenti a cercare libri con il computer.
Ieri pomeriggio mi hanno intrattenuto con un nutrito programma culturale: canti, una conferenza sullo spirito di sant’Eugenio de Mazenod tenuta da uno di loro, la drammatizzazione della vita degli Oblati in India, il taglio della torta, il regalo… Il tutto come avessero davanti a sé una platea infinita, ed ero soltanto io. Quanta passione hanno impiegato, quanta serietà, quanta competenza, e come si sono espressi bene nella loro cultura…
Ma è arrivato ormai il tempo di ripartire…

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