sabato 28 gennaio 2012

Ti sento o ti ascolto?


La musica ha il potere di abolire il tempo. Ci porta fuori del tempo, o meglio, per chi ascolta un concerto il tempo si ferma, in virtù di un presente che dilata la musica... per un istante l'eternità rimane prigioniera, come il cielo in una pozza.... Nella musica, viviamo l'essere e il non essere del tempo.
Così J. Hersch in Tempo e musica, citata oggi alla Scuola Abbà dalla nostra musicologa e musicista Thérèse Henderson.
Verissimo. Ma tutto dipende da come si ascolta.
Allo stesso concerto c’è un liutaio, tutto preso dal suono dei legni… non ascolta la musica.
C’è un tecnico del suono, attento all’acustica della sala… non ascolta la musica.
C’è il papà di uno dei musicisti, incantato da come suona il figlio… non ascolta la musica.
C’è lo psicologo che scruta i tic nervosi degli orchestranti… … non ascolta la musica.
Tutti sentono, ma non tutti ascoltano veramente la musica.
Penso che lo stesso accada tra di noi nell’ascolto reciproco.
Davvero ascoltiamo l’altro o mille altri interessi fanno da diagramma?
È più facile stare a sentire l’altro che ascoltarlo veramente…
Anche qui è tutta questione di interesse e di passione.

1 commento:

  1. Occorre sviluppare il senso del valore dell’altro e della sua unicità. Vale per ogni cosa che esiste al mondo, dagli elementi chimici a ciò che l’evoluzione ha prodotto, ma vale soprattutto per ogni essere umano.

    Avere il senso dell’altro significa essere coscienti del valore che ha l’altro, in se stesso e per l’umanità. L’altro, inteso non come un “umano generico” ma come un valore unico e irripetibile, per cui in nessuno si può trovare quel modo di essere, di interpretare la realtà, di farsi domande e di dare risposte.
    Il senso dell’altro dovrebbe essere il primo valore da insegnare ed il primo atteggiamento da imparare in una società.

    Oggi è molto sviluppato il senso di sé e dei propri interessi, mentre gli altri sono considerati come rivali da superare, nemici da sconfiggere, prede da conquistare, colpevoli da condannare, oggetti da sfruttare: come forza lavoro, come piacere sessuale, come pedine per raggiungere uno scopo, come gradini per la propria ascesa sociale.

    Il senso dell’altro è l’unico antidoto naturale capace di impedire il proliferare delle ingiustizie e, contemporaneamente, è l’unica capacità, genuinamente culturale, in grado di produrre giustizia.
    Nasce dall'incontro dell'ALTRO, dal Suo sguardo, dal Suo modo di trattarci, dal Suo chiamarci per nome, da tutto ciò che è stato capace di fare per ciascuno di noi.

    RispondiElimina