domenica 20 maggio 2012

Manila: Tra bellezze antiche e tragedie umane


Mattinata allo Scolasticato. Sono 19 gli studenti oblati di teologia, anche se in questo momento di vacanza soltanto la metà sono a casa; gli altri sono lavorano negli ospedali per un periodo di tirocinio. Celebro la messa e mi intrattengo a lungo con loro. Volti belli, pieni di speranza.
Accanto la casa degli Oblati anziani a malati, dove sono ospite in questi giorni. Vengono seguiti con molta cura, in un ambiente bellissimo, pieno di verde, dove godono il  meritato riposo dove una vita dedicata alla missione.
Così giovani e anziani abitano accanto, in una felice osmosi.
Nel pomeriggio una visita al vecchio centro storico costruito dagli Spagnoli nel 1500: “Intramuros”, con le roccaforti, le mura sulle quali si passeggia, la chiesa di sant’Agostino, la cattedrale, le strade acciottolate; rivivi il fascino antico del periodo coloniale.
Ad un fast-food prendiamo un pezzo di pizza al taglio, ma mi va di traverso perché fuori un bambino e una bambina sono incollati alla vetrina: sognano di poter gustare anche loro, un giorno, un pezzo di pizza, fino a quando la guardia del locale li manda via.
È ormai buio quando decidiamo di andare alla metropolitana a piedi, senza prendere il jeepney, il più economico, rumoroso e polveroso mezzo di trasporto mai inventato. E qui la tragedia. Camminiamo per una mezz’ora sul marciapiede lungo la foce del fiume Pasig verso la metro. Fino ad oggi avevo visto la gente che vive sui marciapiedi sempre dall’auto. Questa volta mi sono trovato a camminare in mezzo a loro, per la maggior parte donne e bambini; gli uomini sono già per la città a rovistare nella spazzatura. I bambini più piccoli dormono su uno straccio, un pezzo di cartone, un semplice ciuffo d’erba che spunta tra le mattonelle. Le mamme stanno preparando i più grandicelli per la notte. Intanto su poca brace un pentolino. Tutti mi salutano con poche parole inglese: essendo un bianco sono sicuramente un americano! Il cielo lampeggia e riecheggia di tuoni. Forse tra poco pioverà. Dove andranno a dormire? Sotto i lunghi ponti dei cavalcavia, delle sopraelevate, delle metropolitane che corrono anch’essere sopra le strade? Ho ripensato alle capanne dei villaggi zulu incontrati in Sud Africa o quelle visitate nelle campagne del Senegal e nella Guinea Bissau: mi sono sembrate umanissime. Qui, nella città, il degrado e la disumanizzazione. 

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