mercoledì 18 luglio 2012

Dio si serve di un povero uomo


Ucraina, Lituania, Tailandia, Polonia, Germania, Austria, Venezuela, Brasile, Malta, Portogallo, India, Italia. Sono i Paesi dai quali provengono i 30 superiori di seminari per il corso di formazione che si svolge da anni qui a Vallombrosa. Da tre giorni sono con loro, in questo cenacolo sacerdotale pieno di luce e di gioia.
Come risuonano bene tra di noi le parole di Benedetto XVI: “Dio si serve di un povero uomo al fine di essere, attraverso lui, presente tra gli uomini e di agire a loro favore. Quale audacia di Dio, che ad esseri umani affida se stesso; che, pur conoscendo le nostre debolezze, rende degli uomini capaci di agire e di essere presenti in vece sua…”.
Nessuna enfasi o esaltazione nella nostra immagine del prete. “Quando esercitiamo il nostro ministero – diceva Vanhoye durante il suo ritiro alla curia romana – dobbiamo anche offrire noi stessi in unione con l’offerta di Cristo. Per le nostre persone il sacerdozio battesimale è più importante del sacerdozio ministeriale”. E il Concilio Vaticano II: “I sacerdoti del Nuovo Testamento… sono, come gli altri fedeli, discepoli del Signore… sono fratelli tra fratelli, come membra dello stesso e unico Corpo di Cristo, la cui edificazione è compito di tutti.” Il nostro specifico: ci troviamo in mezzo ai laici “per condurre tutti all’unità della carità” (Presbyterorum Ordinis, 9). O come ricorda Pastores dabo vobis: “riunire la famiglia di Dio come fraternità animata dalla carità e condurla al Padre per mezzo di Cristo nello Spirito Santo” (74). C’è missione più grande e più bella?

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