giovedì 5 luglio 2012

Eros, philia, agape nella nuova evangelizzazione


È appena uscito un libro curato da G. Sánchez Griese (Vita consacrata e nuova evangelizzazione. L’imprescindibile complementarietà, Edizioni Ares, Roma 2012) che riporta, tra gli altri, un mio contributo: La forza del carisma nella Nuova Evangelizzazione, p. 83-102.
Termino evocando i tre tipi di amore che stanno all’origine carisma e che devono essere sempre presenti per assicurarne la vitalità:

All’origine di ogni fondazione troviamo un eros, una passione, un’attrattiva irresistibile per un progetto evangelico e apostolico che lo Spirito fa brillare davanti al futuro fondatore o fondatrice. L’eros li strappa alla limitatezza della loro esistenza. La luce è talmente grande da non far loro considerare le difficoltà che potrebbero frapporsi alla realizzazione del sogno intravisto. Sperimentano una forza e un’audacia a cui nulla potrà resistere, nella convinzione che “Omnia vincit amor”. Senza questa passione non può nascere nessun progetto di nuova evangelizzazione.
Perché la spinta potente dell’eros possa concretizzarsi nell’opera a cui i fondatori sono chiamati, occorre che quell’amore si trasformi in philia. L’idea luminosa, la passione per attuare il progetto intravisto, deve essere comunicata e condivisa con altri. Accanto al detto di Virgilio potremmo citare quello altrettanto famoso di Aristotele: “Tra gli amici tutto è comune”. A differenza di un artista, mosso anch’egli dall’eros creativo, il fondatore non persegue da solo la propria intuizione, non crea la propria opera d’arte come espressione di genio solitario. Piuttosto sa coinvolgere altri, attorno a sé, infondendo in essi le medesime idealità; li fa vibrare all’unisono e con loro dà vita ad una nuova creazione. Senza questa condivisione, che si fa comunione fino alla ricerca comune, non prende corpo il progetto di una nuova evangelizzazione; essa è necessariamente espressione di un gruppo di amici, di compagni, di fratelli.
Mosso dall’eros e sostenuto dalla philia il fondatore, e con lui il suo progetto, non ha futuro se l’amore non trova la sua terza espressione, l’agape. Nell’impatto con la realtà cruda del mondo verso il quale il fondatore è attratto, nelle difficoltà che possono sorgere all’interno della comunità, nelle contrarietà sul versante sociale ed ecclesiale, l’eros iniziale può oscurarsi, la philia sembra venir meno. Perché il progetto vada avanti occorre adesso essere mossi dalla fede nella cose che più non si vedono, dalla volontà di donazione senza limiti alla causa: dall’agape, appunto. Dopo quello di Virgilio e di Aristotele, conviene ora citare Gesù stesso: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15, 13). L’amore, fatto agape, è pronto al sacrificio, al dono di sé.
È questa terza espressione dell’amore, l’agape, ad assicurare alla nuova evangelizzazione la sua riuscita.

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