venerdì 23 novembre 2012

Roma nascosta: san Clemente e l’unità della Chiesa

 “Dopo aver fondato ed edificato la chiesa, gli apostoli Pietro e Paolo trasmisero a Lino la carica dell’episcopato. Anacleto successe a Lino. Dopo di lui, al terzo posto, partendo dagli apostoli, fu Clemente ad avere l’episcopato. Egli aveva conosciuto gli apostoli ed era stato in relazione con loro. Egli aveva ancora negli orecchi la risonanza della predicazione degli apostoli e dinanzi agli occhi la loro tradizione. E non era il solo, poiché vivevano al suo tempo molti che erano stati istruiti dagli apostoli”. Così Ireneo nel suo scritto Contro le eresie.
Papa Clemente, di cui oggi celebriamo la memoria, divenne famoso per la sua lettera ai Corinzi, litigiosi allora come anni prima al tempo di Paolo. Sempre sant’Ireneo scrive: “Sotto Clemente nacque una grande divergenza tra i fratelli di Corinto. La chiesa romana scrisse ad essi una lettera efficacissima per richiamarli alla pace e ravvivare in essi la fede e la tradizione che da poco avevano ricevuto dagli apostoli”.
Chi viene a Roma non può mancare la visita alla basilica a lui dedicata nel IV secolo sul colle Celio a Roma una basilica. Dopo essere stata devastata da un incendio nel 1084, fu riedificata sulle antiche rovine. Sotto la sua abside gli scavi ottocenteschi hanno fatto scoprire parti della basilica originale, con dipinti murali anteriori al 1084 e sotto ancora case dell’antica Roma e un bellissimo mitreo. Gli affreschi raccontano gli ultimi anni leggendari di Clemente, che sarebbe stato affogato con un’ancora al collo in Crimea, suo luogo d’esilio.
Come è noto in uno di questi affreschi si trovano forse le prime parole della nascente lingua italiana, anche quasi romanesche, pronunciare, come in un fumetto, dal perfido Sisinium: «Fili de le pute, traite, Gosmari, Albertel, traite. Falite dereto co lo palo, Carvoncelle!» (Figli di puttana, tirate! Gosmario, Albertello, tirate! Carvoncello, spingi da dietro con il palo). Non è il massimo della letteratura italiana… meglio aspettare il Cantico delle creature di san Francesco, o tornare a leggere la stupenda lettera di Clemente: “Le più piccole membra del nostro corpo sono necessarie e utili all’intero corpo, anzi tutte operano insieme e a vicenda si sottomettono, affinché tutto il corpo sia salvo. Tutto il nostro corpo perciò sia conservato in Cristo Gesù e ciascuno si sottometta al suo prossimo secondo il dono della grazia a lui assegnato”; “Ciascuno si sottometta al suo prossimo, secondo la grazia in cui fu posto. Il forte si prenda cura del debole, e il debole rispetti il forte. Il ricco soccorra il povero, il povero benedica Dio per avergli dato chi supplisce alla sua indigenza”. Ancora 70 anni dopo, a Corinto, il documento veniva letto pubblicamente nelle riunioni eucaristiche domenicali, insieme alle Scritture.

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