mercoledì 16 gennaio 2013

A Fianarantsoa con gli studenti Oblati

Iniziano la preghiera alle 5.30 del mattino, impeccabili nelle loro vesti bianche con fascia nera. Sono 27 gli Oblati malgasci negli studi di filosofia e teologia. 17 sono qui in casa a Fianarantsoa, 5 in missione per l’anno di stage, 4 studiano in Camerun e uno a Roma. Dopo colazione partono tutti in bicicletta per il centro di studi. Pedalano sodo per 15 minuti perché  la strada è in gran parte sterrata e con buoni dislivelli.
Provengono da varie parti del Paese e spesso sono giunti perché, leggendo un libretto dove si presentano le varie congregazioni religiose che operano in Madagascar, sono stati attratti dalla descrizione degli Oblati. Siamo proprio in un altro mondo! Figuriamoci se in Italia si va a cercare su un libretto la descrizioni delle diverse congregazione per vedere quella che più va a genio…
La casa è bella e grande, costruita dai polacchi. Vengono ospitati anche alcuni giovani che studiano in città. Di fronte un vasto parco di eucalipti. Nell’orto crescono ananas, meli, banani, ortaggi. Un piccolo allevamento con cinquanta galline e due maiali completa la piccola fattoria.
Mi intrattengo a lungo con gli studenti in un incontro semplice e profondo che va dritto alla nostra vocazione. Uno di loro suona per me la Valia, uno strumento musicale tipico con le corde tese lungo un grado tronco di bambù, d’un suono molto delicato… proprio come sono i malgasci.
Studiano nel seminario diocesano assieme a seminaristi di 9 diocesi e di 4 altre congregazioni religiose: salesiani, assunzionisti, lazzaristi, camilliani. In tutto 240 studenti. In altri luoghi, che non potrò visitare, vi sono 8 novizi Oblati e 9 prenovizi. Il futuro della missione è assicurato. Vale anche per gli Oblati il proverbio malgascio: “Quando si è in tanti ad attraversare il fiume non si è divorati dai caimani”. 

Giungono risonanze sul viaggio. Ecco intanto quella di Elio:
Leggo con un misto di sentimenti i tuoi reportage tra questa gente che sento vicina anche se lontana. Vicina perché appartiene alla mia stessa famiglia umana, il legame non è solo teorico, lo avverto in profondità. Da ciò commozione, tenerezza, simpatia, che tu porti loro concretamente con la tua persona e la tua vita. Grande!!! Però a questo seguono le domande e le inquietudini; perché questa ingiusta disuguaglianza? perché qui si muore di malattie per eccesso di cibo, di beni, di ozio, e lì manca tutto? perché se non ci fossi tu di queste persone nessuno saprebbe nulla, se non ci fossero i missionari, questi popoli sarebbero solo oggetto di sfruttamento? Ma noi possiamo continuare a vivere e a costruire la civiltà ignorandoli? Possiamo costruire la pace e la democrazia nei nostri paesi disattendendo il dovere di condividere, di prenderci su in qualche modo la sorte di questi brani di umanità che ci appartiene. Grazie che ci sei e che ci siete a fianco di questa gente che incontri e che saluti dicendo loro che gli vuoi bene: fallo anche per me!!!

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