mercoledì 20 febbraio 2013

Storie vere di cristiani in Lituania / 1

Gintaras, primo a sinistra,
con i vescovi quando non era
ancora vescovo
Venni in Lituania per la prima volta nel luglio 2001. Oggi ritrovo alcune delle persone incontrate allora. Ognuna ha una storia sorprendente da raccontare.


L’ingegnere dell’IMB diventa vescovo
Alto, simpatico, con un bell’accento americano, Gintaras (= ambra) allora era appena tornato da Roma dove aveva conseguito il dottorato in diritto. Affascinante la storia della sua famiglia, una delle tante straordinarie storie che mi sentii raccontare in quei giorni.
La guerra separa i genitori: il papà è preso dai tedeschi e portato in Germania per i lavori forzati; la mamma e la sorella rimangono in Lituania. Finita la guerra il padre non può più tornare in Lituania ormai occupata dalla Russia. Pensa che moglie e figlia siano morte e lo stesso pensano di lui moglie e figlia. Come tanti altri lituani emigra negli Stati Uniti. Dopo 12 anni, attraverso gli amici degli amici degli amici, viene a sapere che moglie e figlia sono ancora vive. Devono passare altri quattro anni prima che possano incontrarsi, grazie al gesto di cortesia che la Russia fa in occasione della visita del Presidente degli USA, Nickson, permettendo la riunificazione di 200 famiglie, tra cui quella di Gintaras. La mamma e la sorella possono finalmente raggiungere il padre negli Stati Uniti. L’anno seguente nasce Gintaras.
Nel luglio del 2001, quando venni in Lituania, da due giorni
era rettore del seminario (dopo essere stato per cinque anni ingegnere della IBM). Oggi lo ritrovo vescovo e partecipa, assieme agli altri vescovi della conferenza episcopale lituana, al ritiro che sto loro guidando.

Dopo due giorni è cessato di nevicare. Si è alzato un vento gelido che solleva nuvoli di neve dai tetti delle case. Approfitto dei pochi momenti liberi per camminare, avvolto nel vecchio giaccone di piume portato dal Canada, tra le strade del paese di Šiluva, silenzioso e deserto; soltanto qualche spalatore di neve davanti casa e qualche ragazzo che torna da scuola. Mi piace sentire, ad ogni passo, lo scricchiolio della neve che tutto ammanta. Recito il salmo 147:
Fa scendere la neve come uccelli che si posano,
come cavallette che si posano è la sua discesa;
l’occhio ammira la bellezza del suo candore
e il cuore stupisce nel vederla fioccare.
Riversa sulla terra la brina come il sale,
che gelandosi forma come tante punte di spine.

Apa Pafnunzio continuava a ruminare la preghiera dell’ultima cena: “Glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse”. Gesù aveva appena ricordato al Padre che lo aveva glorificato in terra compiendo la missione che gli aveva affidato: aveva dato la vita per noi. Ora, in contraccambio, chiede che anche per sé la gloria, ossia la “vita”, la realtà di Dio. Sì era “spogliato” della sua divinità per donarla a noi, ora sarà rivestito di quella stessa divinità che è da sempre la sua natura. Anche per Gesù valgono le parole che egli ha rivolto a noi: “Date e vi sarà dato”.

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