sabato 23 marzo 2013

Il turbamento di apa Pafunzio e la gioia di Gesù

Nella circolarità della sua preghiera al Padre Gesù continuava a parlare del mondo.
Egli era venuto nel mondo perché il Padre amava talmente il mondo da mandare il suo Figlio nel mondo. La missione che il Padre gli aveva affidato era salvare il mondo.
Eppure Gesù avvertiva la forte resistenza del mondo alla sua Parola. Egli era la Luce venuta per illuminare il mondo, eppure parte del mondo faceva scudo alla sua luce e preferiva rimanere nella tenebra.
Due mondi si contrapponevano, quello di coloro che accoglievano Gesù ed erano salvati, quello di coloro che non lo accoglievano ed erano condannati; il mondo che entrava nella luce portata da Gesù e il mondo che rimaneva nella tenebra.
Apa Pafnunzio ripetendo e ripetendo a memoria il Vangelo di Giovanni aveva ben compreso i diversi significati nella parola mondo. Quello che non riusciva a capire era lo scacco subito da Gesù con Giuda.
Gesù aveva custodito quelli che il Padre gli aveva affidato; li aveva custoditi tutti. No, non tutti, uno gli era scappato: “Nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione”, il figlio che, nonostante tutte le sue cure, si era perso. Si poteva dunque accogliere la luce, esserne illuminati e poi ricadere nelle tenebre? Gli sembrava impossibile, come doveva essere parso impossibile allo stesso Gesù. Era per lo meno incomprensibile, nonostante tutte le spiegazioni che apparivano qua e là nei Vangeli, nessuna delle quali convincenti.
Poco prima, durante la cena, al pensiero del tradimento, Gesù si era turbato, anzi il Vangelo lo diceva “profondamente turbato”. Come poteva essere altrimenti.
Anche apa Pafnunzio era turbato ogni volta che leggeva di quel tradimento. Dunque si poteva essere stati con Gesù, illuminati dalla sua luce, e poi tornare nel buio: “Egli, preso il boccone, subito uscì. Ed era notte”.
“Il Padre ci custodirà, il Figlio ci ha custodito – continuava a ripetersi apa Pafnunzio – eppure uno di noi si è perduto. Non potrei perdermi anch’io, rifiutando l’amore e la custodia premurosa di Dio?” Si rese conto di quanto fosse esigente l’adesione a Gesù e di quanto occorreva vigilare per non essere succubi del male. Non ci aveva insegnato Gesù stesso a pregare ogni giorno: “Padre… liberaci dal Maligno?”.
Con quel turbamento nel cuore apa Pafnunzio continuò la recita della preghiera sacerdotale di Gesù. Con grande meraviglia, subito dopo la costatazione che uno si era perduto, apa Pafnunzio sentì che Gesù chiede al Padre per i suoi la pienezza della gioia. Che contrasto tra turbamento e gioia.
Si ricordò allora le parole di Neemia: “La gioia del Signore è la vostra forza”. Che fosse questo il segreto? Lasciarsi inondare dalla gioia di Gesù? Proprio durante la cena Gesù aveva appena promesso la sua gioia. “Sì, si ripeté apa Pafnunzio, devo lasciarmi inondare il cuore della gioia di Gesù. Col Dio nel cuore si è sempre in festa, anche nel dolore, e l’amore è più forte della morte: La gioia del Signore è la vostra forza”.

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