martedì 26 marzo 2013

Marsiglia: Davanti a necessità nuove la carità inventa mezzi nuovi

Marsiglia quest’anno è stata dichiarata capitale europea della cultura. Meritava quindi visitarla. Peccato che monumenti di grande valore con La Major e la nuova cattedrale fossero chiuse: chissà cosa intendono i francesi per cultura…
La nostra visita era molto selettiva: continuare a seguire le orme di sant’Eugenio, grande vescovo di questa città, dove ha vissuto 38 anni della sua vita. Dal porto vecchio, dove rivedi le scene di una volta, la pescivendola, i pescatori che rassettano le reti…, al Santuario di Notre Dame de la Garde, l’abbiamo percorsa in lungo e in largo, complice un sole splendente e un vento gagliardo.
Abbiamo ripercorso i vicoli del quartiere Panier, il più povero e colorito della città, dove gli Oblati hanno vissuto e operato dal 1822 al 1975, tra immigrati, mendicanti, prostitute… I padri Albini e Semeria dettero il via all’opera degli italiani, gli immigrati di allora (erano 40.000), padre Honorat a quella dei carcerati (gli Oblati erano cappellani del carcere), degli ammalati (gli Oblati erano cappellani dell’ospedale)… Agli italiani si sono succediti gli emigranti dalle Antille, dalle Comore, i marocchini, i senegalesi… e gli Oblati sempre con loro. 
In quella prima metà dell’Ottocento il vescovo de Mazenod, saliva e scendeva per quelle stradine, entrava nelle case, assisteva gli ammalati, portava la comunione, confessava, amministrava la cresima, sempre parlando in provenzale… “Un’altra mattinata come questa, scrive ad esempio un giorno nel suo diario, e non ce la farò più. I soldi per i poveri che mi chiedono aiuto in un modo o nell’altro si trovano, ma trovarmi sempre faccia a faccia con persone così provate e sentirmi incapace di rispondere alle loro necessità va al di là delle mie forze. Una vedova che ha perso il marito in Guayana e che non ha un soldo né per vivere né per trovare al suo paese. Un giovane belga che è uscito dall’ospedale dove ha speso tutto quello che aveva e che, debilitato dalla malattia non ha come tornare in patria. Una donna anziana che ha messo tutto al monte di pietà e che non sa come fare a raggiugere il figlio…. E quante miserie ancora incontro ogni giorno. Non ne posso proprio più. Devo poi raccomandare une vedova all’avvocato, scrivere una lettera di raccomandazione… Dopo tutto questo come faccio a sedermi a tavola e mangiare in pace…”.
Per questo le inventava di tutte, suscitando più opere di carità che poteva: “Le opere di carità si moltiplicano – scriveva in una lettera pastorale alla diocesi – grazie a istituzioni nuove che hanno per fine l’infanzia, la vecchiaia, la malattia, la povertà, il mondo operario… La carità abbraccia tutto e davanti a necessità nuove inventa, quando ce n’è bisogno, mezzi nuovi”.

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