giovedì 7 marzo 2013

Una fede che è amore

Apa Pafnunzio avrebbe voluto arrestare la recita della preghiera di Gesù al Padre al punto in cui era arrivato: “Erano tuoi e li hai dati a me”. Gli bastava sapersi appartenente a Dio Padre e da lui consegnato nelle braccia del Figlio. Lì avrebbe voluto dimorare per sempre, era già paradiso.
Ma a lui, si chiese ad un dato momento, non era chiesto niente? Doveva soltanto godere di essere stato introdotto nel rapporto di comunione tra il Padre e il Figlio? Lasciò che le parole di Gesù proseguissero sulle sue labbra: “Erano tuoi e li hai dati a me ed essi hanno osservato la tua parola”.
I discepoli non erano rimasti passivi davanti all’azione del Signore, si era lasciati coinvolgere accogliendo la sua parola.
In quel punto della preghiera era come se Gesù, prima di far ritorno al Cielo da dove era stato inviato dal Padre, iniziasse a rendergli conto dell’esito positivo della missione affidatagli. Con quella intimità e familiarità che a lui lo legava da tutta l’eternità, poteva rivolgersi con gioia al Padre per confidargli: “Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro; essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato”.
Gesù, un nuovo Mosè, aveva detto le parole di Dio - rivelato come Padre; aveva fatto conoscere la vita e la volontà divina; si era aperto e si era donato. Il suo piccolo gregge aveva ascoltato la sua voce e lo aveva seguito; aveva accolto la sua parola, rispondendo con una fede fatta amore. Non era soltanto adesione della mente alle verità che il Maestro aveva loro rivelato, ma adesione intera di tutti se stessi a quell’insegnamento, fino ad informarne la vita, a lasciare che il proprio agire fosse normato da quella verità. Più ancora, l’accoglienza delle parole di Gesù era adesione alla sua Persona, perché era lui la Parola, era lui la Verità.
Apa Pafnunzio avrebbe voluto arrestare la recita della preghiera di Gesù al Padre al punto in cui era arrivato: “hanno creduto…”. Gli bastava credere, essere innestato in Gesù come un tralcio alla vite, essere nell’amore. Lì avrebbe voluto dimorare per sempre, era già paradiso.

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