mercoledì 1 maggio 2013

Parole e gesti di papa Francesco / 7


Custodire, con tenerezza

Un’altra parola chiave del magistero del papa è custodire. Questa parola prende le mosse dall’atteggiamento di san Giuseppe, che il papa contempla nel giorno della sua festa, data di inizio del suo ministero petrino. Una custodia che ha il senso di prendersi cura dell’altro, dal creato fino ai piccoli e ai poveri.

E’ il custodire l’intero creato, la bellezza del creato, come ci viene detto nel Libro della Genesi e come ci ha mostrato san Francesco d’Assisi: è l’avere rispetto per ogni creatura di Dio e per l’ambiente in cui viviamo.
E’ il custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore.
E’ l’aver cura l’uno dell’altro nella famiglia: i coniugi si custodiscono reciprocamente, poi come genitori si prendono cura dei figli, e col tempo anche i figli diventano custodi dei genitori.
E’ il vivere con sincerità le amicizie, che sono un reciproco custodirsi nella confidenza, nel rispetto e nel bene. In fondo, tutto è affidato alla custodia dell’uomo, ed è una responsabilità che ci riguarda tutti. Siate custodi dei doni di Dio! …
Ma per “custodire” dobbiamo anche avere cura di noi stessi!... Custodire vuol dire allora vigilare sui nostri sentimenti, sul nostro cuore, perché è proprio da lì che escono le intenzioni buone e cattive: quelle che costruiscono e quelle che distruggono! Non dobbiamo avere paura della bontà, anzi neanche della tenerezza!

E qui aggiungo, allora, un’ulteriore annotazione: il prendersi cura, il custodire chiede bontà, chiede di essere vissuto con tenerezza. Nei Vangeli, san Giuseppe appare come un uomo forte, coraggioso, lavoratore, ma nel suo animo emerge una grande tenerezza, che non è la virtù del debole, anzi, al contrario, denota fortezza d’animo e capacità di attenzione, di compassione, di vera apertura all’altro, capacità di amore. Non dobbiamo avere timore della bontà, della tenerezza! (Omelia, Martedì, 19 marzo 2013, Solennità di San Giuseppe)

Da queste ultime parole emerge un’altra parola che ricorre spesso nel linguaggio del papa: tenerezza. La pronuncia molte volta, ma soprattutto la mostra visibile nel suoi gesti verso i bambini, gli ammalati, i carcerati, le donne…
Quale è la virtù più grande? gli è stato chiesto:
“Senz’altro la virtù dell’amore, di dare spazio agli altri, con animo mite. La mitezza mi seduce enormemente! Chiedo sempre a Dio di concedermi un cuore mite”. (Libro intervista, p. 120)
La tenerezza e la mitezza sono il segreto del papa e del suo successo.

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