giovedì 6 giugno 2013

Quando una tomba diventa un altare

“Quando una tomba diventa un altare, una vita ha raggiunto il suo compimento”. Con queste parole, rimaste indelebili nella nostra mente, p. Marino Merlo iniziava la sua omelia sulla tomba dell’allora beato Eugenio de Mazenod nella cattedrale di Marsiglia. Sono passati trent’anni da quel giorno quando, con le due comunità di Marino e Vermicino, venimmo sui luoghi del fondatore.
Oggi, celebrando ancora una volta la messa su quella tomba, divenuta altare, mi sono tornate alla mente quelle parole. Una vita trova il suo compimento quando raggiunge la santità, meta alla quale tutti siamo chiamati. “In nome di Dio, siate santi”, ripeteva sant’Eugenio ai suoi Oblati. Essi, scriveva nella regola, “devono lavorare seriamente a diventare santi, […] vivere […] in una volontà costante di giungere alla perfezione”. Prima ancora l’aveva spiegato alla gente semplice della sua città e poi ai giovani che aveva riunito in associazione. “Dobbiamo essere veramente dei santi. Questa parola sintetizza tutto ciò che potremmo dire”.
Non è quello che ci ha ricordato il Concilio parlando dell’universale vocazione alla santità?

Ogni tomba dovrebbe trasformarsi in altare, ogni vita è chiamata a trovare il suo compimento nella santità.

Nessun commento:

Posta un commento