martedì 20 agosto 2013

Festa della luna nuova nella culla del buddhismo singalese

Nell’anno 243 avanti Cristo, sulle ali del vento giunse in Sri Lanka il monaco Mihinda, figlio dell’imperatore dell’India Asoka il Grande, che si era fatto propagatore del Buddismo. Mihinda atterrò a Mihintale, vicino alla città di Anaradhapura, sede del re del Ceylon e riuscì a convertire al Buddismo il re. Mihintale diventò una montagna sacra e Anaradhapura la città santa del Buddismo in Ceylon.
Oggi è festa nazionale, festa buddhista, che cade il giorno della luna nuova di agosto. Poteva esserci giorno migliore di oggi per visitare questi due antichi siti buddhisti?
Sono partito da Jaffna che era ancora buio, diretto al sud, a Colombo. Ripercorro la regione tamil. All’andata mi aveva colpito soprattutto la natura, la foresta forte e dura dalla quale mi immaginavo apparissero da un momento all’altro gli elefanti; i cartelli stradali ne segnavano la presenza con il disegno di un elefante seguito dal suo piccolo. Al ritorno, dopo due giorni intensissimi nella zona, dove ho incontrato tantissime persone e ho ascoltato altrettanti storie, ho uno sguardo diverso. Vedo adesso le innumerevoli case distrutte dalla guerra ce prima mi rimanevano nascoste perché tutte costruite a pianterreno e quindi, una volta abbandonate, quasi nascoste dalla vegetazione. Mi accorgo adesso che le nuove costruzioni che mi avevano impressionato venendo, sono tutte dei militari: caserme, case, negozi; il tutto gestito dai Singalesi del sud, su terreni espropriati ai Tamil che si sono ritirati all’interno nella foresta o sono emigrati; 400.000 vivono ormai all’estero. È una vera e propria colonizzazione dei territori conquistati, con l’intento di far sparire la minoranza tamil. I racconti delle tragedie familiari si materializzano a mano che scendiamo verso sud.
A Vanunya la vegetazione forte come il popolo che l’abita, lascia in posto alla giungla esuberante, dai colori più caldi. Inizia il mondo buddhista singalese.
Ed eccomi a Mihitale. 1840 gradini in pietra conducono verso la cima della montagna sacra. In questo giorno di festa non si contano i fedeli che salgono su. Famiglie intere, ognuno con un fiore di loto da offrire, in un incontenibile senso di allegrezza. Anche le scimmie saltano eccitate da un ramo all’altro. Sono attratto soprattutto dagli  scavi archeologici che hanno rimesso in luce le costruzione antiche più di 2000 anni. Da lassù poi si apre fino all’ultimo orizzonte la visione della pianura con la giungla e i laghi.
La vicina Anaradhapura, fondata 2500 anni fa, è insieme a Mihitale la culla del buddhismo singalese. Per 1300 anni è stata capitale dei re del Ceylon, fino a quando, a seguito di invasioni nemiche, fu abbandonata, interamente ricoperta dalla giungla, rifugio degli animale selvaggi. Fu riscoperta dagli inglesi nel 1817, ma soltanto nel 1912 si cominciarono a liberare dalla vegetazione i numerosi grandi monumenti e a restaurarli. Ci vorrebbe almeno un giorno intero per percorrerla da un lato all’altro. Mi accontento di visitare la Dahoba (una grande massicciata a cupola  costruita sopra una reliquia del Buddha) Jetavanarama. Come tutte le dahoba era costruita in mattoni, ricoperta di intonaco e imbiancata. Ora si erge solitaria e silenziosa, con i mattoni nudi e la cuspide spezzata.
Bianca e animatissima è invece la Dogoba Ruvanvelisaya, restaurata con cura e oggetto di venerazione. Resto incantato davanti alle migliaia di fedeli che in questo giorno di festa sono accorsi a visitarla. Molti sono seduti all’intorno, sotto i grandi alberi, in orazione. Altri si avvicinano alla cupola per deporvi fiori, fiammelle, incensi. La grande moltitudine si dirige verso l’albero del Bodhi, il luogo più sacro. L’albero fu piantato 2200 anni fa da un germoglio dell’albero sotto il quale il Buddha ricevette l’illuminazione. Anche qui, in questo luogo di pace, il ricordo di stragi: i ribelli Tamil vi uccisero centinaia di fedeli in preghiera.
Dopo tanto Buddhismo andiamo a pranzo dal vescovo della città, nata vicina a questa antica, una volta sepolta nella foresta. È un vescovo oblato, che ha appena 10.000 fedeli, l’uno per cento della popolazione. Pochi preti, venuti tutti da fuori, compreso il segretario, l’Oblato che si è portato con sé.
Giungiamo a Colombo quando il sole sta per tramontare. Ne approfitto per una passeggiata lungo il canale che sbocca nell’oceano. Anche qui si celebra la festa nazionale, ed è proprio una festa, alla quale partecipa anche chi non è buddhista. Famiglie che prendono il fresco, bambini che giocano, gruppi che fanno la gita in barca verso la baia, le donne anziane che sedute in fila recitano insieme il rosario buddhista… Intanto sant’Antonio, dalla grande statua collocata sotto l’albero dell’illuminazione del Buddha, benedice tutti, senza distinzione di religioni.
Sulla riva opposta del canale ci sono i pescatori che rammendano le reti. Come unico straniero non posso non attirare l’attenzione. Qualche parola in inglese e la domanda di rito: “Da dove vieni?” Si sparge subito la voce: Italia, Italia… Spuntano allora persone che hanno lavorato in Italia, mamme che mostrano orgogliose i loro bambini… Che mondo! Quanto è bella la gente!
La giornata termina con la messa. Quante persone e quante situazioni da mettere nel calice del vino assieme alle due gocce d’acqua. Che tutto si trasformi nel Cristo, come le due gocce d’acqua.

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