sabato 7 settembre 2013

Le parole della preghiera / 4


Il ringraziamento e la lode portavano apa Pafunzio a contemplare la bellezza delle opere del Signore e a gioire del suo infinito amore.
Ma immancabilmente, in mezzo a tanto splendore di luce, s’apriva improvvisa una terribile voragine nera: aveva sciupato i doni del suo Signore. Come era stato ingrato verso il Datore dei doni. Gli sembrava di vivere come sotto l’effetto di un malefico incantesimo: quanto toccava si guastava, aveva la capacità di rovinare l’opera di Dio. Gli si apriva davanti la sua vita di peccato: aveva tradito l’Amore.
Era tempo di estrarre dalla bisaccia la quarta parola del suo cammino di preghiera: Ti chiedo perdono.
Era una parola liberatoria. Per questo era una parola insidiosa. Perché chiedeva perdono? Per mettere la coscienza a posto? Per evitare di cadere nelle fiamme inestinguibili della Geenna? Sentiva davvero il dolore dei peccati? Il dolore di aver rattristato l’Amore? La sua domanda di perdono era veramente espressione di amore?
Quella quarta parola gli usciva bene dalle labbra soltanto dopo che aveva ripetuto con sincerità le altre tre parole: soltanto dopo aver compreso nell’adorazione chi è Dio, soltanto dopo aver sperimentato il suo amore col dirgli Ti amo, soltanto dopo aver conosciuto l’immensità e la gratuità dei suoi doni col dirgli grazie, poteva capire la gravità del suo peccato.
Sì, ciò che ad apa Pafnunzio dispiaceva non era il castigo che si attirava con il suo peccato, non la vergogna del tradimento e dell’adulterio, non il giudizio dei suoi fratelli. Ciò che addolorava apa Pafnunzio era l’aver addolorato l’Amore. L’amore del suo Dio era così grande da entrare nel buio della sua rivolta, da assumere il suo peccato e inchiodarlo sulla croce dove s’era fatto inchiodare. Ripetere Ti chiedo perdono era riconoscere il culmine dell’amore, riconoscersi e identificarsi con l’Amore all’estremo della sua espressione.
Bastava lasciarsi guardare negli occhi, come aveva fatto Pietro dopo il suo tradimento. Gesù non gli aveva detto nulla, l’aveva guardato soltanto. Lui non gli aveva risposto nulla, aveva soltanto pianto perché attraverso quello sguardo era passato l’appassionato amore di Colui che dava la vita per gli amici. Bastava avere il coraggio di affrontare quello sguardo e non fuggire a nascondersi per paura dell’incontro con la Verità.
Ti domando perdono; e la misericordia inondava l’anima di apa Pafnunzio. Adesso sì che poteva ripetere, con intensità nuova e con ancora più sicurezza: Ti adoro, ti amo, ti ringrazio…

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