domenica 6 ottobre 2013

L’ascesi della lingua



Il mandato per la Corea
La spiritualità apostolica è diversa da quella monastica. All’apostolo non è chiesto di rimanere nella cella come il monaco, ma di andare per il mondo; non la solitudine, ma di dimorare in mezzo alla gente; non il silenzio, ma la parola e l’annuncio del Vangelo. La missione non è una distrazione dalla spiritualità, ma la spiritualità dell’apostolo. L’apostolo non si fa santo nonostante gli impegni della missione, ma grazie alla missione.
La sua ascesi non consiste principalmente nelle penitenze, nelle veglie, nei digiuni, tipici dei monaci. Essa viene vissuta sul terreno dell'evangelizzazione, frutto del dono di sé stesso agli altri, del mettersi a totale servizio delle persone che Dio gli affida, del donare doti, tempo, energie, senza mai risparmio: ore e ore con i giovani o in confessionale; obbligato a cibi e usi diversi, a rischio di malaria; disponibile al cambio di luogo e di ministero, distaccato dalle persone amate e dal bene fatto; costretto a rinunciare ad esprimersi in maniera brillante perché non si possiede bene la lingua…
Sono cose che ripeto nelle mie lezioni e nei ritiri che predico in tutto il mondo. E ogni volta, quando spiego che una delle ascesi dell’apostolo è la rinuncia ad esprimersi in maniera brillante perché non possiede bene la lingua, immancabilmente porto l’esempio di padre Mauro, di cui oggi celebriamo felicemente il 25° di ordinazione sacerdotale.

La celebrazione odierna alla casa generalizia
Nel suo inizio di ministero in Italia era veramente un brillantissimo predicatore, ricco di esempi, capace di giocare con le parole, di utilizzare simboli… Incantava le persone. Poi la missione in Corea e l’impatto con una lingua difficilissima.
“Da quanto tempo è in Corea, padre”, chiedono amabilmente i coreani. “Da sette mesi”. “Sette mesi soltanto? Ma come parla bene il coreano. Complimenti!”.
“Da quanto tempo è in Corea, padre”, chiedono amabilmente i coreani. “Da sette anni”. “Ah!, non c’è male”.
“Da quanto tempo è in Corea, padre”, chiedono amabilmente i coreani. “Da trent’anni”. “Eh sì, il coreano è proprio una lingua difficile, vero padre?”
Il nostro Mauro, dopo due anni di studio della lingua, inizia col balbettare poche parole, leggendole sul foglio pieno di geroglifici. Non può più esprimersi come in italiano, deve contentarsi di mozziconi di frasi… Questa sì che è ascesi! E quanto frutta!

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