lunedì 14 ottobre 2013

Padre Gérard, una madre


Ho terminato di leggere l’affascinante vita di padre Giuseppe Gérard, il fondatore della Chiesa in Sud Africa.
Una persona estremamente semplice, umile, consapevole della propria fragilità, con davanti a sé una missione impossibile. “Le mie deficienze sono incolmabili, la mia vita è nulla, nullo il mio ministero: il demonio ride. Quante anime abbandonate”.
Un uomo che non si scoraggia mai, anche se per dare il primo battesimo deve aspettare undici anni. Non si scoraggia neppure davanti alla propria povertà: “È da tanto tempo che vorrei cambiar vita, convertirmi. Dico sempre: domani, domani. Ma oggi dico finalmente: Adesso comincio”. Ricordando sant’Ignazio di Antiochia che alla vigilia della morte diceva: “Oggi comincio ad essere cristiani”, padre Gérard ripeteva: “C’è sempre occasione per dire questa bella parola”.
Un uomo amato da tutti, più madre che padre. Quando dopo anni dovette lasciare il villaggio della Madre di Dio, le persone gli gridarono da ogni parte: “Portaci sempre nel tuo tarì”, la sciarpa di lana o la pelliccia di antilope con cui le mamme assicurano il bambino dietro le loro spalle.
Un uomo che non si è mai risparmiato, fino all’ultimo. Ormai vecchio scriveva: “Vado a visitare i vecchi, porto la S. Comunione agli ammalati, è una grande consolazione fare una lunga strada in mezzo ai pagani ed entrare nelle loro capanne. Le forze sono andate giù, la vista e l’udito si sono indeboliti… Faccio ancora qualche cavalcata di cinque o sei chilometri con un cavallino quieto quieto. Non posso andar più tanto lontano come un tempo. Mi preparo al gran viaggio dal tempo all’eternità”.
È chiaro che un uomo così, in punto di morte, ripetesse: “Non avrei mai creduto che fosse così dolce morire”.

Affido a lui il lavoro di questi giorni in Sud Africa. E perché non chiedergli che porti anche noi nel suo tarì?

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