lunedì 4 novembre 2013

Bellezza e divino nella città dell’uomo



Il Palazzo Pretorio di Prato, antico edificio dove si amministrava la giustizia, appena restaurato, riapre con una mostra prestigiosa: “Da Donatello a Lippi. Officina pratese”.
L’arte del primo Rinascimento ha avuto nella città di Prato un fecondo ambiente di sperimentazione. Proprio perché ancora non era “città”, ma soltanto “terra”, e quindi luogo di periferia e nello stesso tempo nel contado di Firenze, poteva permettersi il lusso di lasciare ai giovani artisti la possibilità e l’ardire dell’innovazione.
Il quadro che più mi ha attratto è un Lippi: la morte di san Bernardo. I volti dei monaci in pianto che attorniano il santo sono di una bellezza struggente, un autentico capolavoro. Contrastano, fra l’altro, con il sorriso pieno di pace di Bernardo che sembra già gustare la gioia del Paradiso. Ricordo quando la grande tavola – ora al Museo dell’Opera del Duomo – era ancora in cattedrale. Allora – ero appena un ragazzo – mi sembrava un po’ lugubre, forse perché collocata in luogo scuro e perché il restauro non aveva rimesso in luce i colori vivi e i dettagli dei volti.

Le guide non lo notano, ma le opere dei pittori del 1400 che hanno dipinto a Prato e che sono state fatte affluire da musei di mezzo mondo dove ora sono custodite, sono tutte di soggetto religioso. Eppure i committenti non erano soltanto le chiese e i monasteri, ma anche privati cittadini che desideravano avere in casa un’immagine sacra per loro devozione.
Me ne sono reso conto soltanto dopo essere uscito dalla mostra. Lì ero troppo preso dal fascino di tanta arte per poter riflettere diversamente.
Davanti ai quadri esposti, l’elegante architettura Trecentesca di Palazzo Pretorio sembra rimanere in ombra, così come gli affreschi sulle pareti delle grandi sali di giustizia o degli appartamenti dei magistrati. Eppure anche nel palazzo – come nelle tavole esposte –, tra gli stemmi di famiglie nobili ed altri dipinti simbolici, non mancano affreschi che riproducono crocifissioni e annunciazioni, santi e madonne.
In quei secoli nei quali alla bellezza aveva riservato uno spazio d’eccellenza, il sacro si intrecciava indissolubilmente con il sociale. Anche chi veniva condotto in giudizio, reo o innocente, amava vedersi circondato da immagini che assicuravano la premurosa presenza del Cielo nella città dell’uomo.

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