domenica 17 novembre 2013

Padre Liuzzo grande perché capace di perdere la sua Opera

Dieci anni fa moriva p. Gaetano Liuzzo, un Oblato di fuoco, appassionato per la missione e capace di infiammare e appassionare tanti giovani alla missione. Ne ha attirati più di quaranta che sono partiti per le più varie parti del mondo. È stato il suo modo di “vendicarsi” per non aver potuto realizzare il suo sogno di andare in missione.
L’opera più grande a cui ha dato vita è indubbiamente l’Istituto secolare delle Cooperatrici Oblate Missionarie dell’Immacolata, i cui membri oggi, assieme agli amici, si sono ritrovate nella nostra casa generalizia per celebrare il suo anniversario. Una mattinata con tante immagini, testimonianze, ricordi, culminata con la messa presieduta dal Superiore generale degli Oblati. Le COMI sono a casa loro nella nostra casa, perché dall’inizio hanno voluto esprimere il volto femminile degli Oblati.
Due anni fa, accingendomi a scrivere la biografia di p. Liuzzo, mi ero domandato: Sarà veramente un santo? E mi ero risposto: Lo scoprirò a mano a mano che percorro la sua vita; vorrò vedere se e quando apparirà qualche elemento che mi convincerà. Così sono andato avanti conoscendo tante momenti belli della sua vita: l’ardente desiderio di seguire Gesù, le molte iniziative per suscitare l’amore per le missioni, il lavoro con i giovani, i laici, i seminaristi, la fondazione dell’Istituto secolare, l’invio delle sue figlie all’estero… Vedevo una persona che piano piano finalizzava doti ed esperienze nella fondazione e nella guida di una nuova famiglia nella Chiesa di un centinaio di giovani donne che si consacravano a Dio pur rimanendo pienamente laiche, e che giustamente lo chiamavano “Padre”. E lui si sentiva tale, loro padre.
P Liuzzo, essendo un Oblato, nel fondare una nuova opera, presto approvata dalla Chiesa, trasmetteva la grazia che aveva ricevuto dal suo fondatore, sant’Eugenio. Non poteva essere diversamente. Dal carisma fecondo di sant’Eugenio de Mazenod sono nati una quarantina di istituti religiosi e secolari. La linfa delle radice del grande albero ormai secolare alimentava adesso un altro nuovo ramo.
Le COMI divennero lentamente consapevoli di questa radice da cui p. Liuzzo attingeva e di cui era espressione. Cominciarono così a pensare che il loro vero fondatore carismatico fosse sant’Eugenio. La funzione di p. Liuzzo sembrò ridimensionata: era semplicemente il fondatore storico. Quando esse iniziarono ad esprimere questa loro convinzione, p. Liuzzo non batté ciglio e aderì completamente a tale visione.
Quando, scrivendo la biografia, sono giunto a questo punto della sua vita, mi sono reso conto della sua santità. Di fatto gli veniva chiesto di “perdere” l’opera cui aveva dato vita, quasi non ne fosse più lui il padre. Per essa aveva pazientato, lavorato, sofferto, lottato… Era la sua grande opera. E ora era come gli venisse tolta. Uomo di Dio doveva dimostrare di essere distaccato da tutto, anche dall’opera di Dio, per Dio. Compiendo questo passo mi è sembrato che abbia dato il tocco definito al proprio cammino di santità: ha donato a Dio quello che aveva di più caro per avere soltanto Dio, perché l’opera di Dio non è Dio e p. Liuzzo, tramite questa prova, ha dimostrato che Dio è Dio: è stata l’occasione per una nuova radicale e totale scelta di Dio.

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