domenica 2 marzo 2014

Passeggiando per Roma: Le sorprese di Santa Maria in Aquiro


Nel cuore del centro cittadino, in piazza Capranica, le linee austere della chiesa di Santa Maria in Aquiro non mi hanno mai invitato ad entrare. È di origine antichissima, visto che viene già menzionata nel VIII secolo, ma riedificata nella forma attuale alla fine del 1500. Il titolo “Aquiro” sembra un ricordo delle corse dei cavalli che si tenevano in onore di Marte in Campo Marzio.
Questa volta entro, ma molto prosaicamente per ripararmi dalla pioggia. L’interno mi dà la stessa impressione dell’esterno: severità architettonica che non viene riscattata dagli stucchi dorati pur belli, dai bassorilievi, dalle gradazioni cromatiche riportate allo splendore cinquecentesche e ottocentesche da recentissimi restauri, di cui rimane ancora qualche impalcatura.
Penombra e silenzio nella chiesa deserta. Soltanto il sacrestano si aggira lento e solenne, conscio dell’importante ruolo quasi sacerdotale di custode del santuario. Mi viene incontro e mi conduce lungo la chiesa alla scoperta di capolavori inattesi.
“Sull’altare una Madonna del Cavallini”. Il Cavallini in questa chiesa? Non è possibile! “Sì, è proprio il Cavallini” e mi fa salire fin sotto l’altare, al di là dei cordoni che delimitato l’area di visita. Più tardi mi documento. Non è proprio di Cavallini ma della sua scuola, dei primi del XIV secolo: una pittura su pietra raffigurante la Ma­donna col Bambino e S. Stefano, proveniente da S. Stefano del Trullo a piazza di Pie­tra. Santo Stefano bambino ha già le pietre della futura lapidazione sulla testa.
Nella seconda cappella a sinistra, tre tele, Deposizione, Coro­nazione di spine, Flagellazione, “Sono del francese Trophime Biot”. Non dell’olandese Gerrit van Honthorst, conosciuto a Roma come Gherardo delle Notti? Almeno la coronazione di spine è proprio sua, negli altri quadri la mano degli allievi appare molto pesante…
“C’è un altro tesoro: il primo dipinto della Madonna di Lourdes in Italia”. Non è proprio un tesoro pittorico come i precedenti, ma piuttosto un rarità storica. Il quadro, dipinto nel 1873, è passato di chiesa in chiesa (san Lorenzo in Lucina, la parrocchia degli Oblati a Roma, poi nella chiesa delle Vergini, e successivamente in quella di santa Croce dei Lucchesi), fin quando approdò qui dove nacque una Congregazione della Madonna di Lourdes. La parrocchia di Santa Rita da Cascia delle Vergini, ad un certo momento, voleva riprendersi il quadro…
Ma a questo punto dobbiamo leggere il diario della marchesa Cecilia Serlupi Crescenzi, perché la gente insorse e andò «… dal padre curato» cui «dissero che badasse bene a non farlo togliere né di giorno né di notte, perché in tutte le ventiquattr’ore vi erano persone che si davano la muta a sorvegliare ciò che accadeva, e che se si azzardassero di cercare di portarlo via, avrebbero dato un segnale, e sarebbe successo un tumulto e uno scandalo». Poiché le cose stavano precipitando la marchesa Cecilia andò direttamente dal Papa, Leone XIII, che le diede ragione: la congregazione fu onorata del titolo di arciconfraternita e fu concesso che il quadro restasse a Santa Maria in Aquiro.

Quante cose nasconde anche una chiesa un po’ anonima come questa.

Per saperne di più sabato mattina, 8 febbraio, visita guidata.

Nessun commento:

Posta un commento