lunedì 23 giugno 2014

Giordani e Chiara Lubich in visita alla Trappa



Quindici giorni fa ero a Vitorchiano, nella celebra trappa nata a Grottaferrata e che nel 1950 aveva dovuto cercare un ambiente più grande perché ormai erano troppe le ragazze che volevano diventare suore: Gabriella della trappa o dell’unità, con la sua vita breve e intensa, con la sua offerta per l’unità della Chiesa, aveva attirato tante nuove vocazioni.
La sua vita fu conosciuta in tutta Italia grazie ad una biografia scritta da suor Maria Giovanna Dore, pochi anni dopo la sua morte. Il successo era dovuto alla presentazione del più noto scrittore cattolico dell’epoca, Igino Giordani.
Giordani visitò la trappa di Grottaferrata la prima volta, assieme a p. Mondragone, in una piovosa giornata del gennaio 1940. Così racconta quella visita - riporto alcuni stralci -, dandoci un saggio della sua comprensione della clausura.

Il parlatorio è una breve stanza, dalle pareti nude, sbiancate di calcina al pari del soffitto, tenuto da travicelli sbilenchi; c'e a destra una povera immagine di Maria, che riscalda un po' l'ambiente, e nereggia, di rimpetto all'uscio, una grata, a grame fitte. Quel che più m'impressiona è il silenzio. Un silenzio pesante e vasto, come di casa abbandonata; ma in quel luogo diviene, vorrei dire, animato, perché prende lo spirito e lo risucchia verso epoche perdute, quando queste colline erano coperte di boschi e chiazzate di paludi, e sui poggi le croci vigilavano il lavoro di monaci solitari, e il tempo girava così lento da parere immobile. Il crepitio della pioggia contro i vetri della finestrella ritma quell'immobilità, e sveglia pensieri insoliti. d'una vita, che, pur essendo nel tempo' s'è già fissata nell'eternità...
Al di là dalla doppia grata, s'aprono, come due ali silenziose, due sportelli e dall'ombra emergono due figure bianche, che s’inchinano. Le prime trappiste che io abbia mai vedute.
Quelle voci fioriscono da un silenzio, che il freddo e la povertà fanno essenziale. Non un segno c’è che distragga 1o spirito: ci son solo quelle anime, dietro la doppia barriera, che le separa non tanto dalle persone, quanto da tutto il mondo, che, come un'orgia, fuori di qui, ci avviluppa.

Capisco meglio il perché della nudità della natura fuori e della povertà dentro: l'una e l'altra aiutano a mantenere la Trappa nella sua essenzialità, separata, quant'è possibile, dalle cose accessorie; sola, assoluta. Povertà, innocenza, unione con Dio, mercè il distacco da tutto; immersione nel silenzio come dentro lo stesso spirito di Dio; perché non ci sia che Dio. «Dio solo»: anelito della mistica. Queste donne - queste sorelle - si son raccolte qui, sepolte  nella pressoché universale dimenticanza, per non vivere che alla presenza e della presenza di Dio. - Dio solo.
Lavorano, nella casa e nella vigna, cinta di mura, guadagnando il pane (il pane e poco più) col sudore della fronte, anche se figli di principesse… Altri è con Dio a pezzi e bocconi: qui si è con Dio sempre, Dio solo: tutto il resto è ricondotto alla sua realtà di parvenza breve.
Sono qui. Per amor di  Dio e della sua Chiesa, offerte all'amore e alla passione di Cristo, per la gloria del suo nome e il beneficio delle anime da Lui riscattate. Non si distraggono, né perdono tempo; e versano, ogni momento, nello scrigno comune della Chiesa, lagrime e preghiere, veglie e digiuni, da cui sono beneficate creature lontane che non sapranno, forse, mai, in terra, da chi furono rialzate. Onde, le loro case sono come centri d'interminabile ricostruzione della sanità spirituale di tutti; e le loro persone sono levate, come vittime d’espiazione, tra la dimenticanza dei figli e la giustizia del Padre: incudini, come Caterina, loro sorella, su cui la collera divina si frange. Quanti pregiudizi sul loro conto! Ma no: esse non sono fuggite! Tutt'altro: si son ferma-te. Han preso stanza in mezzo agli altri uomini, mettendosi di fazione, per levare, quando più nere si fanno le ombre, la luce candida dell'amor di Dio: vergini savie che aspettano, con lampade pronte, lo Sposo, per la festa di tutti.
Esse adunano anime attorno a un Tabernacolo. Anzi sono Tabernacoli ardenti. come focolari che mai si spengono, in mezzo a famiglie verginali, che mai si allontanano. Fucine della carità; concentrazione della preghiera. E punti fermi.

Giordani tornò più volte a visitare la Trappa. Una volta vi portò con sé Chiara Lubich. Quel giorno – era il lunedì di Pentecoste del 1950 – la badessa annotò: «Ieri visita di Giordani con “sorella Chiara” e 2 “focolari”. E’ un soffio di primavera spirituale». 

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