giovedì 25 settembre 2014

L’accoglienza povera di apa Pafnunzio


Tornava verso la cella, lieto di aver celebrato la santa sinassi con i fratelli.
S’erano radunati assieme come ogni giorno del Signore, il presbitero aveva imbandito la mensa della parola e del pane ed ognuno se ne era devotamente nutrito.
Anche lui aveva accolto il Signore nel suo cuore.
Era stato un momento semplice e bello, come sempre.
Tuttavia, nel cammino di ritorno, gli sembrò di udire la voce del Signore. Gli parlava proprio dal cuore, dove l’aveva ricevuto e lo custodiva.
“Sono venuto in casa tua – gli diceva quella voce – e tu non mi hai lavato i piedi, non mi hai dato un bacio, non hai cosparso il capo di olio profumato, segni dell’accoglienza amorosa. Non basta accogliere. Conta il come. Poiché hai poco amato, poco ti sarà perdonato”.
Era vero. Con quanto poco amore l’aveva accolto, quanta poca dedizione gli aveva riservato, quale mancanza di ospitalità: ed era nientemeno che il Signore! Forse riservava più attenzione ad un qualsiasi fratello che veniva a trovarlo.
Si propose di preparare meglio l’accoglienza la prossima volta che avrebbe partecipato alla sinassi.
Perché aspettare una prossima volta? La peccatrice s’era introdotta quanto ormai non era più tempo per lavare, profumare, abbracciare, eppure con quanta gioia era stata accolta dal Signore. C’è un tempo preciso per lavare, profumare, abbracciare? Non era forse quello?
Apa Pafnunzio si raccolse, trovò ancora presente l’ospite santo, gli dichiarò il suo amore, la sua adorazione, la sua gratitudine. Si sentì rispondere: “Ti sono perdonati i suoi molti peccati, perché hai molto amato”.
Comprese che tutto si gioca nel presente, nella capacità di accoglierlo nel momento, nell’ora. Nella pienezza dell’adesso la pienezza del futuro.

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