venerdì 5 dicembre 2014

Dialoghi a sant'Eustachio: Chiesa diffusa


Nel medioevo il monastero veniva chiamato chiostro del Paradiso, perché era considerato un luogo nel quale «si conduce una vita più sicura alla presenza di Dio» (Anonimo medievale, citato da. J. Leclerq, La vita perfetta, Coletti, Roma 1961, p. 167-168), «un vero paradiso», come scrive Nicola di Clairvaux, dove l’intera esistenza dei monaci «si svolge completamente al servizio di Dio» (Sermo in festo S. Nicolai, PL 184, 1058).
L’idea di creare tra noi un piccolo paradiso, dove Dio possa farsi presente, ha affascinato generazioni e generazioni di cristiani.
Teresa d’Avila, quando pensa al suo nuovo monastero, lo sogna con «Gesù Cristo che avrebbe camminato in mezzo a noi» (Vita 32, 11), come una «dimora dove Dio si diletta… un angoletto di Dio e paradiso delle sue delizie» (Vita 35, 12). Lo vede come la casa di Betania dove il Signore «Ospite divino viene a dimorare, mangiare e a ricrearsi con noi» (Cammino di Perfezione 17, 5-6).
Solo nei conventi e nei monasteri è possibile creare lo spazio per accogliere Gesù? Non dice il grande Tertulliano (siamo nel II secolo) che «Dove tre [sono riuniti], anche se laici, lì è la Chiesa»? Allora anche una famiglia può essere il luogo di Dio. E se è così possiamo consentire a Gesù di essere presente in mille luoghi, là lo dove lo sono i suoi discepoli.
Igino Giordani vedeva una analogia tra la presenza di Gesù eucaristia e quella promessa da Gesù tra due o tre riuniti nel suo nome: «Come sacramentalmente le parole del sacerdote evocano Gesù Dio nelle specie eucaristiche sull’altare, così socialmente l’unione per amore di due anime - la loro comunione in Cristo, per la quale agiscono come componenti del sacerdozio regale -, evoca Gesù Dio misticamente nei rapporti umani, sulla terra» (La divina avventura, Città Nuova, Roma 1993, p. 36). È il pieno compimento del sacerdozio regale.
È stato questo il tema del dialogo che ieri sera ho tenuto a Sant’Eustachio, assieme al vescovo Matteo Zuppi, incaricato del centro di Roma.

Intanto continua la nostra novena. Questa volta ci siamo raccontati l’amore appassionato per Maria di un Oblato dello Sri Lanka, p. Thomas, fondatore dei Rosariani, la prima comunità indigena di monaci oranti sorta, in Asia e successivamente al ramo femminile.

Vergine Immacolata,
insegnaci a svuotare cuore e mente
d’ogni vanità.
Piena di grazia,
rendici capaci d’accoglienza
per il Dio che viene.
Tutta Santa,
resta tra noi
come tra i discepoli in cenacolo
ad invocare e attendere
la discesa dello Spirito.
Madre di Dio,
porta i tuoi figli con te
nel seno del Padre.
Santa Maria,
prega per noi peccatori ora
e nell’ora della nostra morte.
Amen.
  

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