venerdì 20 febbraio 2015

La casa di apa Pafnunzio


Ogni mattina apa Pafnunzio era solito iniziare la giornata rivolgendosi alla Madre di Dio. Dopo averle ricordato che era sua Madre, la supplicava di venire nella sua casa, come aveva fatto il discepolo
 prediletto quando l’aveva presa con sé.
“Verrai anche a casa mia? – ripeté con l’abituale litania.
Non è bella né adorna.
Sarai tu a pulirla e a farla bella
Come solo una madre sa fare”.
Quella mattina, quando ebbe terminato la preghiera, gli venne spontaneo domandarsi:
“Qual è la mia casa?”
L’invito rivolto alla Madre era sempre stato quello a entrare dentro di sé. Non era l’interiorità del cuore la sua casa? Non gli aveva insegnato, la Madre Chiesa, parafrasando le parole del centurione di Cafarnao, a chiedere: “Signore, non sono degno che tu entri nella mia casa…”? Era quella la sua casa, nella quale sapeva che il Signore sarebbe voluto entrare per cenare con lui e prendervi stabile dimora. Era per questo motivo che chiedeva alla Madre di precedere e preparare l’avvento del Signore.
“Qual è la mia casa?”, si domandò ancora una volta quella mattina.
Non era forse anche la laura che raccoglieva la comunità dei fratelli? Perché non chiedere a Maria che venisse anche in quella casa, che era casa sua?. Gesù non voleva infatti rendersi presente anche tra i due, o i tre o i sette, quanti erano loro monaci?
Si ricordò della casa che aveva lasciato al villaggio per seguire la chiamata del Signore. Non era più la sua casa. O lo era ancora? Perché non chiedere a Maria di andare anche là a preparare la venuta del Signore?
Pensò ad Alessandria, la grande città. Egli oramai era cittadino del cielo. Ma non rimaneva pur sempre fratello degli uomini e delle donne della sua terra? Non voleva il Signore fare di quel popolo il suo popolo? Anche quella era la sua casa. Poteva dunque estendere la sua preghiera a Maria perché preparasse in Alessandria la strada al Signore.
In quante altre città, pensò più tardi apa Pafnunzio, Dio vuol venire ad abitare e brama porre la sua dimora. Gli sembrò che la terra intera, con la moltitudine di lingue e popoli diversi, fosse una sola famiglia, una sola casa: la sua casa.
Il giorno seguente tornò a pregare con le parole di sempre:
“Verrai anche a casa mia?
Non è bella né adorna.
Sarai tu a pulirla e a farla bella
Come solo una madre sa fare”.
Le parole erano quelle di sempre.
La casa si era dilatata all’infinito.


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