lunedì 13 aprile 2015

Erano le cinque in punto della sera



Arnoldo Foà, negli anni Sessanta, resa famosa la poesia di García Lorca
Erano le cinque della sera.
Erano le cinque in punto della sera.
Erano le cinque in punto su tutti gli orologi…
Era il lamento del poeta per Ignacio Sánchez Mejías, il torero che perse la vita nella corrida.


Anche questa sera, alle cinque della sera, è iniziata la corrida nella Plaza de los Toros a Madrid.
Sono stato parecchie volte in Spagna, ma non ero mai stato a una corrida. Mi ci hanno portato questa sera, alle cinque della sera.
Mi hanno preparato dicendomi che è tutta una liturgia, un combattimento che ha un ferreo rituale, e così via. È invece, semplicemente, una “barbaridad”, per dirla proprio in spagnolo.


La grande arena è molto bella, nel suo stile arabo, l’aria di festa che si respira fin da fuori è coinvolgente, gli spettatori pieni di calore. È questo il primo spettacolo. Lo è anche la musica, la coreografie, i costumi. Lo è soprattutto il gioco tra torero e toro: elegante, fine, capace di tenere il fiato sospeso, una danza. Dovrebbe arrestarsi qui e sarebbe uno spettacolo di prima classe.
Ma poi c’è la crudeltà gratuita, sanguinaria, bestiale (degli uomini, non del toro), che va decisamente rigettata. Alla fine unico vero eroe rimane il toro, vittima sacrificale della brutalità umana.
Uno spettacolo così non merita di essere visto una seconda volta.
García Lorca ha cantato il torero ucciso. Ha dimenticato di cantare la mattanza dei tori.


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