lunedì 29 giugno 2015

Il carisma del Fondatore diventa carisma dell’Istituto / 2


A Città del Messico, per il Congresso sul carisma oblato in contesto, affluiranno persone dal Brasile, Uruguay, Cuba, Guatemala… A Kinshasa andranno dal Senegal, Cameroun, Angola, Mozambico… Tutti in movimento…

Per l'occasione la città di Roma ha organizzato i fuochi d'artificio a Castel Sant'Angelo, in sincronia con la musica!

Il Congresso, dalle 14 alle 17, potrà essere seguito live via streaming all’indirizzo
Per avere la password si può chiedere a

All’inizio spiegherò il passaggio dal carisma del fondatore al carisma dell’istituto

Con la morte del fondatore si adempie la parabola evangelica del chicco di grano che deve cadere in terra e morire per portare frutto: è la fine di un’esperienza e nello stesso tempo l’inizio di una nuova fecondità. Sembra di sentir riecheggiare le parole di Gesù: «È bene che io me ne vada, altrimenti non potrà venire a voi lo Spirito» (cf. Gv 16, 7); «Farete cose più grandi di me» (cf. Gv 14, 12). Sembra quasi che perché il carisma possa sprigionare tutta la sua creatività sia necessario il dono estremo della vita da parte del fondatore. Soltanto l’intera storia dell’istituto, con le nuove molteplici opere, l’esperienza dei suoi santi, le inculturazioni in ambienti e situazioni sempre nuove, renderà ragione della densità, ricchezza e potenzialità racchiuse nel carisma iniziale.
Quel dono infatti, una volta trasmesso, domanda di essere “vissuto”, “custodito”, “approfondito” e “sviluppato”. Ognuno di questi verbi meriterebbe un approfondimento. “Vivere”, perché il carisma, prima di essere oggetto di studio, è una realtà viva e dinamica, come lo è lo Spirito che lo dona alla Chiesa, e quindi va attuato, occorre lasciarsi guidare da esso. “Custodire”, perché non ne siamo i padroni: è un dono oggettivo che abbiamo ricevuto, e che dovremo a nostra volta trasmette. “Approfondire”, perché ha sempre cose nuove da dire, soprattutto nei differenti contesti culturali e storici in cui esso si incarna. In tal modo lo Spirito che ha illuminato e animato il fondatore si diffonde adesso su tutta la famiglia da lui nata: il “carisma del fondatore” diventa il “carisma dell’istituto”, quasi rifrazione collettiva del carisma del fondatore, sviluppato dalla vita, dall’esperienza, dagli apporti personali di quanti lo Spirito continua a chiamare: il seme diventa albero.
A mano a mano che l’albero cresce, le nuove generazioni non dovranno mai dimenticare le radici. Anche questo è messaggio evangelico. Subito dopo la sua morte e risurrezione Gesù dà infatti un importante appuntamento ai suoi discepoli: li incontrerà di nuovo in Galilea (cf. Mt 28, 10). Perché da Gerusalemme devono scendere in Galilea per incontrare il Signore risorto? Perché là tutto era incominciato e da là essi debbono ripartire, imparare di nuovo a seguirlo, anche se ora in modo nuovo: Gesù dopo la risurrezione non è più come prima, non lo si può più seguire lungo le strade della Galilea, ha superato le barriere del tempo e dello spazio rendendosi presente nel cuore dei discepoli, ovunque essi siano. Egli vive ormai nella dimensione dello Spirito, ed è ad ognuno più intimo che mai.
Anche sant’Eugenio ci dà il suo “appuntamento in Galilea” – ad Aix!, alle origini carismatiche, perché quella sua prima irrepetibile esperienza, da cui tutto ebbe inizio, rimane paradigmatica per i secoli, per ogni generazione. Sempre dovremo tornare alla piccola-grande storia degli inizi in cui tutto è racchiuso, come in un seme fecondo.

Pur nelle mutazioni storiche e culturali, la vita dell’istituto esprime e attualizza l’esperienza che lo Spirito ha dato di compiere al fondatore: vi è una sostanziale continuità tra carisma del fondatore e carisma dell’istituto.

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