domenica 7 giugno 2015

Movimenti ecclesiali, un'opportunità


Dopo aver aperto i tre giorni di seminario di studio dei movimenti e nuove comunità, oggi mi viene data di concluderli. Riprendo le parole del libro di Isaia che mi erano venute alla mente fin dall’inizio: “Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?”.
Stiamo vivendo davvero quella primavera della Chiesa profetizzata e attesa? E proprio nel bel mezzo di una società inquieta e demotivata?
Lo Spirito Santo non sempre scende con il fragore della Pentecoste. Questa volta sembra abbia scelto di soffiare come “brezza leggera”. È per questo che non ci si accorge della novità di vita che sta portando nella sua Chiesa.
Mons. Yves Le Saux, vescovo di Mans, presente al seminario, asserisce che l’ottanta per cento dei cattolici praticanti in Francia appartengono a movimenti.
Come rendere consapevoli noi tutti e le nostre comunità cristiane, a cominciare dai pastori, della grande potenzialità di questi movimenti, così da valorizzarli adeguatamente?
Penso al primo grande movimento carismatico, il monachesimo. Antonio del deserto, che ne fu l’iniziatore, non si presentò dal patriarca di Alessandria, Atanasio, per convincerlo della bontà della propria causa e chiedere un riconoscimento. Semplicemente lo sostenne nella difesa dell’ortodossia contro l’Arianesimo. E quando sorsero le persecuzioni lasciò ancora una volta il deserto per essere a fianco dei martiri. In una parola, pose a servizio della Chiesa il suo carisma. Atanasio ne fu conquistato al punto da scrivere la prima regola monastica, ossia la vita di Antonio.
È forse questa la via anche per l’oggi: vicinanza, condivisione, servizio.

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