sabato 29 agosto 2015

L’incontro con Cristo di Paolo e di Eugenio


Sulla tomba di san Paolo
Quando Mons. Berteaud uscendo da un colloquio con Mons. de Mazenod disse quella famosa frase: “Ho visto Paolo”, si riferiva certamente alla dilatazione d’anima che caratterizzava il vescovo di Marsiglia. Come l’Apostolo delle Genti anche Eugenio de Mazenod sentiva su di sé la sollecitudine per tutte le Chiese e sentiva l’urgenza che Cristo e Cristo Crocifisso fosse annunciato fino agli estremi confini della terra.
Eugenio de Mazenod però non somiglia Paolo solo nel suo ardore missionario. Il segreto del suo essere “un inconditionnel de l’Église”, va trovato nel suo essere “un passionné de Jésus Christ”, come lo ha definito Paolo VI il giorno della Beatificazione. La passione per la Chiesa nasce dalla passione per Cristo. Anche in questo somiglia Paolo. Tutti e due avevano l’anima dilatata sull’umanità, “un cuore grande quanto il mondo”, perché avevano acquistato l’anima stessa di Cristo.

Oggi il nostro gruppo di ritiro è sceso in pellegrinaggio a Roma, sulla tomba di Paolo, nella basilica di san Paolo fuori le mura, e sul luogo del martirio, alle Tre Fontane. È stato bello poter entrare un po’ nell’anima di Paolo e in quella di Eugenio, domandare loro la propria esperienza dell’incontro con Cristo, sorprenderli nel momento in cui Cristo li chiama, per poter capire qualcosa del loro rapporto col Salvatore.


Paolo, ricordando la propria vocazione, diceva: “...sono stato conquistato da Cristo” (Fil 3, 12).
Eugenio gli fa eco: “Dio mi strappò con la più dolce delle violenze” e “con un colpo da maestro”, “quando, scrive Eugenio, meno pensavo a lui”.

“Mentre noi eravamo ancora peccatori – racconta Paolo –, Cristo morì per gli empi nel tempo stabilito. (…) Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi” (Rom 5, 5-8). Per tutta la vita Paolo griderà che ha perseguitato la Chiesa perché venga maggiormente in risalto la gratuità e l’immensità dell’amore di Dio.
Anche Eugenio grida il suo peccato: “Chi sono io, peccatore miserabile, per volere amare la purezza e la stessa santità! Ah, lo so, con le mie iniquità passate ho fatto una scelta ben diversa”. Cerca di calcare la mano il più possibile, di trovare le parole più infamanti sul suo conto, così da esaltare ancora di più l’amore di Dio che l’ha reso un uomo nuovo: “Vorrei che il ricordo delle mie ribellioni a Dio scomparisse. No, vorrei invece non dimenticarle mai per tutta la vita perché niente, più del pensiero della mia debolezza e della sua clemenza, può farmi aderire al mio Re”. “Non mi resta che gridare la misericordia del mio Dio. Sì, per tutti i giorni della mia vita e in ogni attimo griderò la misericordia di Dio”. “È dunque in questo modo che il mio buon Dio si vendica di tutte le mie ingratitudini, facendo per me tanto che, Dio qual è, non può fare di più”.

“Rendo grazie a colui che mi ha dato la forza, Cristo Gesù Signore nostro, - afferma Paolo – perché mi ha giudicato degno di fiducia chiamandomi al ministero: io che per l’innanzi ero stato un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo senza saperlo, lontano dalla fede; così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù” (1Tim 1, 15).
Eugenio, ugualmente: “Sono sacerdote! Bisogna esserlo per sapere cosa sia. Il solo pensiero mi spinge a moti di amore e di riconoscenza. E se penso a che peccatore sono, l’amore aumenta”. Si proclama, come Paolo, il più bisognoso di redenzione: “Se qualcuno avesse bisogno di redenzione più di me, povero peccatore, creatura ingrata e tanto spesso ribelle, gli permetterei di credersi più riconoscente di me verso il Salvatore Gesù che lo redento. Ma, visto le grazie che mi sono state fatte e che ho profanato, e ho visto che malgrado tutte queste grazie ho peccato, mi riconosco come l’uomo a cui la redenzione è più necessaria”. Di conseguenza si sente la persona più amata da Dio.

Conosciuto Cristo, Paolo ha una sola brama, quella che anche gli altri possano conoscere e sperimentare l’amore di Cristo (cf. Ef 3, 14–19).
Come Paolo anche Eugenio vorrebbe solo poter rendere tutti gli uomini partecipi della propria esperienza: “Che lo Spirito Santo – scrive qualche giorno prima dell’ordinazione sacerdotale – riposi sopra di me in tutta la sua pienezza, riempiendomi completamente dell’amore di Gesù Cristo. Che io mi consumi nel suo amore servendolo e facendo conoscere quanto egli è amabile e quanto gli uomini sono insensati a cercare altrove il riposo del loro cuore, riposo che potranno trovare soltanto in lui”.


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