martedì 25 agosto 2015

Vita interiore e impegno apostolico sembrano fare a pugni


Sono "un giovane Prete", 5 anni di ordinazione e da tre anni parroco di due parrocchie di periferia…
Questa mattina riflettendo sugli impegni presi nella mia esperienza parrocchiale mi ritornavano alla mente le parole di Gesù: "andate in disparte e riposatevi un poco".
Ogni giorno cerco di ritagliarmi uno spazio di "deserto", ma poi arriva la telefonata, il campanello, quell'appunto, quel rumore...; tutto finisce nello scorrere "per obbligo" quelle pagine del breviario... a volte lunghe, noiose, fuori del tempo... Sarà possibile in quei momenti sostituirle con una buona meditazione sul Vangelo per quel giorno? Il Padre spirituale mi invita a trovare una mia forma di preghiera, ma a volte non fa altro che aumentare i miei scrupoli. Quale esperienza riesce a consigliarmi?

Caro don Paolo, non so come tu abbia potuto scovarmi. Forse grazie al mio blog? Oppure ti è capitato tra mano il mio libro La preghiera il momento più bello della giornata?

Leggendo quanto mi scrivi mi sono subito venuto alla mente i primi anni di ministero del mio fondatore, sant’Eugenio de Mazenod, quando alla tua età confidava ad un amico, compagno di seminario: «Tutto per gli altri, niente per me». E gli descrive l’andamento di una mattinata tipo: «Prima di salire l’altare ho dovuto confessare. Appena tolte le vesti sacerdotali, c’era da confessare ancora. Ieri all’una di pomeriggio non avevo ancora recitato l’Ora Prima, perché fino a quell’ora sono rimasto in confessionale. La mattina non avevo fatto il ringraziamento alla Messa perché bisognava stare con un bel gruppo di giovani… Non posso continuare così». In certi momenti questa donazione gli costava troppo, avrebbe voluto trovare più tempo da dedicare a se stesso, al proprio progresso spirituale. La formazione ricevuta in seminario non lo aiutava: i padri spirituali facevano coincidere la vita di unione con Dio con una moltitudine di esercizi di pietà impossibile da conciliare con la normale attività pastorale... Insomma vita interiore e impegno apostolico sembrano fare a pugni.

Quanto scrivi mi ha anche ricordato un periodo della mia vita quando anche a me le pagine del breviario non dicevano più niente perché sempre le stesse. Ebbi allora l’idea di riformulare l’ufficio delle letture e così feci, per alcuni anni, con il permesso del mio superiore.
Per l’inno leggevo una poesia preso dal libro Poesie di Dio, con testi di credenti e non credenti perché la poesia, come ripeteva Ungaretti, “è testimonianza d’Iddio, anche quando essa è una bestemmia”.
Pregavo poi un salmo nella traduzione curata da Enzo Bianchi per Mondadori. Avevo con me un evidenziatore giallo e sottolineavo parole e frasi che più mi colpivano. È stata una riscoperta, che mi ha aiutato davvero a pregare.
Prima lettura: prendevo un libro dell’Antioco o del Nuovo Testamento e lo leggevo in maniera continuata, un brano dopo l’altro, fin quando mi bastava. Spesso avevo con me un commento, serio ma non troppo voluminoso.
Come seconda lettura avevo con me uno dei classici della spiritualità cristiana: Le confessioni di sant’Agostino, Storia di un’anima di Teresa di Lisieux, il Commento al Cantico dei Cantici di Origene… Mi sono letto così per intero tante opere che altrimenti non avrei mai letto. Altre volte ho utilizzato libri con letture alternative al breviario, come quelli di Bose o quello del breviario francese…
Basta un po’ di creatività. E seguire il buon consiglio del tuo padre spirituale.
E quando sei proprio perso, fa come apa Pafnunzio:
“Recitava a memoria i salmi, l’antica preghiera d’Israele che Gesù aveva fatto propria. Scivolavano quieti sulle sue labbra come l’acqua sui greti limpidi. Spesso si arrestava su una parola o sull’altra, soprattutto quando lo scorrere del salmo gli conduceva immagini dell’amore misericordioso di Dio, della sua costante presenza nella vita dell’uomo. (…) Ma quando il cammino della preghiera si inceppava e l’anima si ritrovava come smarrita, ricorreva ad una tecnica semplice che apa Giovanni gli aveva insegnato al principio della sua vita solitaria.
Aveva in serbo cinque parole, come i cinque sassi nella bisaccia di David, pronto a essere lanciato verso Dio…”

Auguri

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