venerdì 19 febbraio 2016

Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso / 2


Una volta sperimentato l’amore misericordioso di Dio, come non essere misericordiosi a nostra volta? «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso» (Lc 6,36). In questo sta la perfezione. A volte ci domandiamo come è possibile essere, come Gesù ci chiede, «perfetti come il Padre». Semplice, essendo come lui amore di misericordia verso ogni prossimo. È così che ci viene offerta la possibilità di partecipare alla matura amante di Dio: mostrare tenerezza e affetto, condividere ogni sofferenza, sostenere chi è nella prova.
Misericordia è composto da miserere, aver pietà, e da cor, cuore. Non è un amore intellettuale, nasce proprio dal cuore, dalle viscere, si fa compassione, fino a tradursi in “opere di misericordia”, in amore concreto, fattivo. Dopo aver raccontato la parabola del buon samaritano, che si prende cura dell’uomo ferito ai margini della strada, Gesù si rivolge al suo interlocutore e gli dice: «Va’ e anche tu fa’ lo stesso» (Lc 10,37). Di Gesù stesso le folle dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa» (Mc 7,37; cfr. At 10,38). La Prima lettera di Giovanni lo ricorda a più riprese: «Non amiamo a parole, né con la lingua, ma con i fatti e nella verità» (1Gv 3,18); «Se uno ha ricchezze di questo mondo e, vedendo il suo fratello in necessità, gli chiude il proprio cuore, come rimane in lui l’amore di Dio?» (1Gv 3,17); «Chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede» (1Gv 4,20). Non esiste una misericordia intima, che resta ferma e nascosta in cuore. Per sua natura trabocca in azione, in un aiuto concreto.

È la Chiesa che papa Francesco sogna: «In questo Anno Santo, potremo fare l’esperienza di aprire il cuore a quanti vivono nelle più disparate periferie esistenziali, che spesso il mondo moderno crea in maniera drammatica. Quante situazioni di precarietà e sofferenza sono presenti nel mondo di oggi!... In questo Giubileo ancora di più la Chiesa sarà chiamata a curare queste ferite, a lenirle con l’olio della consolazione, fasciarle con la misericordia e curarle con la solidarietà e l’attenzione dovuta». Di qui l’invito ad aprire gli occhi «per guardare le miserie del mondo, le ferite di tanti fratelli e sorelle privati della dignità, e sentiamoci provocati ad ascoltare il loro grido di aiuto».
Dietro ognuno dei “più piccoli” – affamati, assetati, profughi, nudi, malati carcerati – Gesù ci ha insegnato a riconoscere lui stesso: «l’avete fatto a me» (cf. Mt 25, 31-46). «La sua carne diventa di nuovo visibile come corpo martoriato, piagato, flagellato, denutrito, in fuga… per essere da noi riconosciuto, toccato e assistito con cura. Non dimentichiamo le parole di san Giovanni della Croce: “Alla sera della vita, saremo giudicati sull’amore”» (Misericordiae Vultus, 15).


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