domenica 17 aprile 2016

Apa Pafnunzio nelle mani di Dio


“Nessuno strapperà dalla mia mano le mie pecore”, aveva detto Gesù. “Nessuno può strapparle dalla mano del Padre”. Erano le stesse mani: “io e il Padre siamo una cosa sola”.
Come teneva le mani, Dio?, si trovò a domandarsi apa Pafnunzio. Una domanda strana. Tante volte si ritrovava bambino e le più bizzarre fantasie gli danzavano nella testa calva di vecchio.
Le poggiava a terra come quando egli si prostrava per le metanie davanti all’icona del Pantokrator? Le rivolgeva in avanti come quando egli rimaneva immobile con le braccia alzate e spalancate davanti all’icona della Theotokos?
Gli tornarono alla mente le parole del profeta Isaia: “Ecco, ti ho disegnato sulla palma della mia mano”. La sinistra di Dio doveva essere posata sulla destra, perché su quella aveva tatuato un nome: “Pafnunzio”.
L’apa si smarrì di gioia in questo pensiero: sorretta dalla mano destra, la sinistra di Dio stava sempre davanti i suoi occhi ed egli vi leggeva il proprio nome, lo aveva costantemente sotto i suoi occhi e di continuo lo pensava e lo amava.
Gli salirono dal cuore, seminate nella lenta e prolungata ruminatio, altre parole del profeta: “Ti ho nascosto sotto l’ombra della mia mano”. La mano sinistra, tatuata col nome, rimaneva nella medesima posizione, mentre la destra si muoveva e poggiava sopra la sinistra, a protezione.
Apa Pafnunzio si sentiva non soltanto pensato e amato, sotto lo sguardo paterno, ma pienamente al sicuro, senza che avesse a temere pericolo alcuno.
Adesso erano i salmi che gli tornavano alla mente: “Se prendo le ali dell'aurora per abitare all'estremità del mare, anche là mi guida la tua mano e mi afferra la tua destra”; “Io sono con te sempre: tu mi hai preso per la mano destra”.
Apa Pafnunzio vedeva il braccio di Dio distendersi e la mano sinistra scendere in basso per afferrare la propria mano, piccola come quella di un bambino nella mano grande e forte del papà. Allora si lasciava guidare sicuro e contento, pieno di fiducia.
Gli apparve infine il profeta Geremia a ricordargli: “Come l'argilla è nelle mani del vasaio, così voi siete nelle mie mani”.
Apa Pafnunzio si sentì allora avvolto dalle potenti e delicate mani di Dio che lo lavoravano e lo plasmavano costantemente.
Sì, era nelle mani di Dio. Era in buone mani!

Il giorno seguente si recò al fiume. Sull’altra sponda apparve amma Anna. Le confidò che le mani di Dio giocavano con lui e gli si muovevano di continuo attorno con estrema premura.
“Anch’io”, le confesso amma Anna, “sento la mano di Dio. Con me si muove diversamente, forse perché non ho una barba fluente come la tua. La sua mano mi accarezza”.


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