mercoledì 13 aprile 2016

La risposta agli Etruschi



In questi giorni la liturgia ci ripropone il discorso del pane di vita rivolto da Gesù ai discepoli e alla folla a Cafarnao.
Chissà perché, leggendo questi vangeli, mi sono venute in mente i reperti etruschi trovati nella mia terra ed esposti nel Museo di Palazzo Pretorio, che ho visitato il lunedì di Pasqua.
La maggior parte delle steli sono funerarie. Ricorrente il tema del viaggio – anche a cavallo – verso gli inferi e del banchetto – non si sa sia quello celebrato attorno alla tomba in ricordo dei vivi o quello che si spera di celebrare nel regno dei morti.
Ciò che maggiormente è rimasto di questo popolo antico sono le tombe e gli oggetti ritrovate in esse, segno della centralità che aveva la morte e il pensiero ossessivo dell’al di là. Eppure sembra che il mondo dell’oltretomba, nelle loro credenze, fosse tenebroso, pieno di mostri, terribile e temuto. Forse proprio per questo si affidavano ai morti ciò che c’era di più prezioso e utile, perché fosse loro di conforto in quel mondo così misterioso, di cui si sapeva troppo poco.

Le parole di Gesù mi sembrano la risposta alle attese degli Etruschi e a quelle di tutti i popoli, di ogni uomo e donna.
Gesù assicura la “vita eterna”, una parola che non dice soltanto una continuità senza fine, ma una qualità di vita, una pienezza di gioia che appaga appieno, in un modo che neppure possiamo immaginare, tanto va al di là di ogni attesa.
È una vita destinata a “tutti”, perché tutti, dice Gesù, sono attirati a lui, fonte di vita – è il “pane di vita” – dal Padre. Tutti!
In proposito: il Vangelo cambia la citazione della Scrittura. In Isaia si dice “Tutti i figli di Dio saranno ammaestrati da Dio”; mentre Gesù dice: “Tutti saranno ammaestrati da Dio”; tutti, non soltanto i figli di Dio, ossia gli Ebrei. Il Padre dà la possibilità a tutti di conoscere chi è Gesù e conduce tutti a lui e in lui tutti possono avere “vita eterna”. Tutti!


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