sabato 18 giugno 2016

Cristo, e Cristo crocifisso



«Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio».
Spesso, sulle nostre labbra, come su quella dei discepoli, questo titolo rimane un’indicazione vaga. Dire «Gesù Cristo» può rimanere una designazione come un’altra ed entra con disinvoltura nel nostro linguaggio senza suscitare il minimo scossone. Ma chi è veramente?
Gesù stesso parla di sé, e lo fa raccontando con una storia, quella dell’Amore che si dona morendo: «Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».
Tutta la sua vita e la sua storia sono condensate nel caricarsi la croce sulle spalle, nell’incamminarsi sulla via del Calvario, fino ad essere inchiodato, innalzato e spirare dopo un alto grido. Lì, sulla croce, perché dono infinito, è già pagata la risurrezione sua e del mondo.
Siamo abituati a vederlo inchiodato sulla croce, in chiesa, nelle case, nelle aule, sulle cime dei monti... Crocifissi di gesso prodotti con lo stampo o capolavori d’arte, gioielli appesi al collo od oggetti di devozione. Ci si può assuefare a tale vista senza più coglierne la drammaticità e il valore, oppure si può cadere in estasi come i santi, rapiti da tanto amore e da tanto dolore.


Siamo “cristiani”, portiamo il suo stesso nome. Quale dunque la nostra identità? Essere un altro Cristo e quindi un altro crocifisso.
Nel momento in cui Gesù rivela ai discepoli chi egli è, rivela anche chi essi sono: quelli che prendono la croce ogni giorno per esservi crocifissi.

Ci sarebbe da scappare se non sapessimo che Gesù porta la croce con noi.
Soltanto dopo averlo “conosciuto” crocifisso e aver compreso l’infinito amore manifestato in quel gesto, Paolo può accettare di “essere crocifisso” con lui. Soltanto dopo essere stato rapito dalle sue piaghe, Francesco le vide impresse nella sua carne.

Non occorre cercare la croce, arriva da sé ogni giorno nei piccoli e grandi dolori che non mancano mai. Cosa fare: ribellarsi, imprecare? Non saremmo cristiani. Il dolore e la croce sono stati i mezzi che Cristo ha usato per salvarci. Li usiamo anche noi.
Gesù non li ha scelti: altri glieli hanno inflitti, ma lui li hai accolti e valorizzati. Non li scegliamo neanche noi, ma arrivano e li accogliamo con lui per la salvezza nostra e quella degli altri.
Quello che invece dobbiamo scegliere è il “rinnegare” noi stessi. È quel deciso “no” a quanto contraddice il nostro essere cristiani: la disonestà, l’immoralità, l’odio, la vendetta, rispondere al male con il male, fare ciò che la nostra coscienza ci rimprovera per il semplice fatto che ormai tutti lo fanno...
Soltanto così saremo suoi veri discepoli, pronti seguirlo fino nella sua risurrezione.


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