mercoledì 6 luglio 2016

Apa Pafnunzio che voleva toccare Dio


Quando lasciava che le parole dei salmi gli salissero su dal cuore, tornava a ruminarle e si fermava a lungo a guastarle come miele nella bocca. Sentiva crescere la medesima ansia che aveva agitato l’animo del re Davide, quella brama segreta e insieme gridata ad alta voce di vedere Dio. Un desiderio che aveva segnato come direttrice costante il cammino dell’antica alleanza: vedere Dio. L’aveva chiesto con insistenza  Mosè e quando finalmente venne esaudito gli avvampò il volto. Invano l’aveva chiesto Elia, fino a che poté scorgerne le terga, e si accese ancor più la sete.
“Il tuo volto, Signore, io cerco. Mostrami il tuo volto e sarà salvo”, continuava a ripetere apa Pafnunzio, cercando invano di figurarselo.
Non si può figurare Iddio, l’antico comando lo vietava, sarebbe scaduto a idolo vano con fattezze di creatura, egli il Santo, l’Ineffabile, il Tutt’Altro. Non si poteva vedere Dio e rimanere in vita. Morire che altro era se non vedere Dio? Era forse per questo che sempre più frequente gli tornava il pensiero, anzi il desiderio della morte? Era perché voleva vedere Dio.
Faceva intendere la sua voce, il Dio d’Israele, questo sì. Parlava a re, profeti, uomini giusti... Le sue parole venivano ripetute, trasmesse, messe per iscritto. Lo si poteva ascoltare, il Dio di Israele, e come erano dolci le sue parole, anche quando apparivano terribili e forti. Lo si poteva ascoltare, ma non lo si poteva vedere. Più lo si ascoltava, più cresceva la fame di vederlo, a faccia a faccia.
“Il tuo volto, Signore, io cerco. Mostrami il tuo volto e sarà salvo”, continuava a ripetere apa Pafnunzio, cercando invano di figurarselo.


Dopo che il sole del deserto s’era fatto rosso all’orizzonte, rendendo evanescente le sagome che monti che toccava all’orizzonte e lasciato il posto in fretta al denso buio della sera, apa Pafnunzio rientrava nella cella e accendeva il lume davanti all’icona del Cristo Pantocratore. Allora sorrideva. Ogni notte vedeva esaudita la sua preghiera. Semplicemente vedeva. Vedeva il volto di cui ogni giorno si poneva in ricerca. Il volto del suo Dio aveva ora il volto di Cristo. Era quello il volto sempre cercato. Dio aveva preso volto. Lo vedeva bambino in braccio alla madre, dodicenne in dialogo con i dottori del tempio, giovane nella bottega di Nazaret, uomo sulle vie di Galilea, sfigurato sulla croce, splendente nella risurrezione. Aveva un volto Gesù, il volto di Dio, che mutava con passare degli anni.
Contemplato nella notte il volto di Dio in quello di Cristo, la mattina era pronto per riconoscerlo nei fratelli della laura, nei viandanti che sarebbero passato lungo la strada carovaniera, in quanto forse sarebbero giunti a lui per chiedere consiglio. “Chi vede me, vede il Padre” aveva detto Gesù a Filippo. Ora apa Pafnunzio sentiva che si rivolgersi a lui dicendogli: “Quando vedi una persona qualsiasi, vedi me”. Poteva davvero vedere Dio!


Gli nasceva allora in cuore un ulteriore desiderio, perché il desiderio non trova mai appagamento. Ascoltare, vedere, e finalmente toccare.
Adesso non erano più le parole dei salmi che gli salivano sulle labbra, ma quelle dei Vangeli. Apa Pafnunzio vedeva le folle che pregavano il Maestro di poterlo toccare, almeno l’orlo del mantello, come aveva fatto la donna di Cafarnao, ed essere guariti. Chi avrebbe mai immaginato, non soltanto di vedere, ma addirittura di toccare Dio. Prima non si poteva toccare neppure il monte sul quale egli si sarebbe rivelato, pena la morte.
Nei Vangelo invece era tutto un toccare. La donna peccatrice ardisce perfino toccargli i piedi, anzi baciarli. Risorto, a fatica Gesù deve districarsi dal lungo abbraccio di Maria di Magdala, per poi invitare i suoi a toccarlo: “Sono proprio io! Toccatemi…”. E a Tommaso: “Metti qua la tua mano, metti qua il tuo dito”. Con quanto orgoglio l’apostolo Giovanni si vantava di avere non soltanto udito e veduto, ma proprio toccato “con le nostre mani” il Verbo della Vita. Toccare Dio!
Anche Gesù aveva toccato uomini e donne: aveva preso per mano la suocera di Pietro, toccato gli occhi del cieco di Betsàida e l’orecchio del servo Malco, si era contaminato toccando i lebbrosi e prendendo per mano una fanciulla morta.
Ogni tocco si tramuta in salvezza.
“Posso toccare Dio, perché Dio mi ha toccato”, si ripeteva apa Pafnunzio mentre baciava la santa icona, pregustando il tocco che si sarebbe ripetuto il giorno successivo durante la santa Liturgia, preludio dell’abbraccio eterno. Comprese allora perché Dio s’era fatto uomo e perché i corpi sarebbero risorti: per potersi toccare.


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