venerdì 5 agosto 2016

Trasfigurazione





Pietro, Giacomo, Giovanni. Nell’orto degli ulivi saranno i testimoni del pianto, della debolezza, dell’implorazione che Gesù rivolge la Padre perché allontani il calice amaro dei patimenti e della morte.
Sono gli stessi tre che oggi salgono sul mondo alto, in mezzo alla piana distesa e ridente di Galilea.
Prima di conoscere le tenebre del Getsemani conoscono lo splendore del Tabor. Prima di vedere la fragile umanità di Gesù, ne vedono la sua radiosa divinità.
Soltanto dopo averci incantato e averci fatto gustare un anticipo di cielo, soltanto dopo averci mostrato la luce e fatto intravedere la bellezza del suo volto, Gesù può chiederci di seguirlo. Soltanto allora può domandarci tutto, anche di prendere la croce, anche il martirio, quello di spada e quello a colpi di spillo, centellinato giorno per giorno, fatto di ansietà, incertezze, piccoli e grandi dolori, preoccupazioni, solitudine…
Quando si è innamorati si possono fare tutte le pazzie e sopportare tutti i martiri. Senza il Tabor non è possibile affrontare il Golgota.

Quando ti metti alla sua sequela – mi ha scritto un lettore del blog – sposato, consacrato o altro Lui esige tutto il nostro cuore ed è capace di fare terra bruciata intorno a noi, ma Lui ha per noi un amore  sublime che nessun altro potrebbe darti, Lui sa come vuoi essere amata perché ti conosce nell' intimo e un Suo tocco ti ricolma di tutti i vuoti. 


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