venerdì 2 settembre 2016

Iuvenescit Ecclesia / 1

La rivista Testimoni ha appena pubblicato un mio articolo sulla lettera Iuvenescit Ecclesia. Ecco la prima parte:

Ha suscitato sorpresa la pubblicazione della lettera Iuvenescit Ecclesia, indirizzata ai Vescovi dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. Del documento non si erano avute notizie in precedenza e forse anche per questo è stato accolto con interesse e senza le precomprensioni che accompagnano la lettura di analoghi interventi.
Il tema – le relazioni tra doni gerarchici e carismatici per la vita e la missione della Chiesa – era particolarmente vivace alla fine del secolo scorso. Fatto proprio da Giovanni Paolo II, trovò il suo apice nella Pentecoste del 1998, quando il Papa convocò a Roma i membri dei Movimenti ecclesiali, quasi volendo “dare casa” nella Chiesa alle nuove espressioni carismatiche. In quella occasione impiegò una parola che per tanti suonò ardita: “co-essenziale”: «Più volte ho avuto modo di sottolineare come nella Chiesa non ci sia contrasto o contrapposizione tra la dimensione istituzionale e la dimensione carismatica, di cui i Movimenti sono un’espressione significativa. Ambedue sono co-essenziali alla costituzione divina della Chiesa fondata da Gesù, perché concorrono insieme a rendere presente il mistero di Cristo e la sua opera salvifica nel mondo». L’Osservatore Romano trovò l’espressione talmente nuova che cercò di attenuarla con un “quasi co-essenziale”. Eppure il Papa l’aveva già impiegata in precedenza, parlando al secondo congresso internazionale dei Movimenti tenutosi a Rocca di Papa nel 1987: «Nella Chiesa, tanto l’aspetto istituzionale, quanto quello carismatico, tanto la gerarchia quanto le associazioni e movimenti di fedeli, sono coessenziali e concorrono alla vita, al rinnovamento, alla santificazione…».
Il Cardinale Joseph Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, appoggiò con la forza del suo pensiero il progetto di Giovanni Paolo II per una piena recettività dei Movimenti nella Chiesa, offrendo, durante il convegno della Pentecoste 1998, una robusta relazione di carattere storico-teologico. Per dare stabilità e continuità a questo progetto, pensò fosse opportuno che la Congregazione di cui era Prefetto preparasse un documento al riguardo, che avesse come oggetto il rapporto di coessenzialità tra doni gerarchici e carismatici.
Perché il documento appaia oggi, a oltre una quindicina di anni dalla sua prima progettazione, non è ben chiaro. È un fatto comunque provvidenziale perché, essendo pubblicato in un momento in cui le tensioni si sono molto attutite, esso appare sereno, positivo e propositivo. Nel frattempo i dati dottrinali esposti si sono consolidati, non per questo era meno opportuno ribadirli. Si nota infatti un certo divario tra la dottrina e l’attuale prassi pastorale, a dimostrazione che la coessenzialità non è ancora pienamente recepita.

La Lettera riguarda dunque le nuove aggregazioni ecclesiali. Si tratta di una limitazione del tema che non può passare inosservata. Con il termine “doni carismatici” ci si riferisce quasi esclusivamente ai movimenti ecclesiali e alle nuove comunità sorti soprattutto nel periodo seguito al Concilio Vaticano II. Il fronte carismatico della Chiesa – anche riferendosi soltanto ai carismi comunitari – è invece molto più ampio e tutto intero è chiamato a porsi in rapporto di comunione con i doni gerarchici. Anche se l’obiettivo del documento voleva essere limitato al rapporto tra la Gerarchia e i movimenti, si sarebbe potuto comunque, soprattutto nella parte dottrinale, esporre con chiarezza (e non soltanto con alcuni deboli accenni) che la vita consacrata e le società di vita apostolica sono doni carismatici. La Lettera dunque ignora la maggior parte della realtà carismatica della Chiesa. Senza questo ampio orizzonte si potrebbe dare adito ad un’appropriazione quasi esclusiva della dimensione carismatica da parte dei movimenti e delle nuove comunità. La ricchezza dottrinale della Lettera non mancherà tuttavia di essere accolta con interesse da religiosi e religiose, ai quali per altro si fa riferimento in un paio di passaggi rapidi, e di arrecare un benefico influsso anche sull’attesa riscrittura del documento Mutuae relationes.

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