martedì 6 settembre 2016

Iuvenescit Ecclesia / 2


Piuttosto che una sintesi del documento, che per la sua ricchezza domanda di essere letto per intero, mi limito ad alcune osservazioni e sottolineature.
La Lettera offre innanzitutto una sostanziosa sintesi del cammino ecclesiale percorso dai movimenti e con i movimenti dal Concilio ad oggi. È una lettura positiva, fatta con fiducia e speranza, una conferma ulteriore dell’apprezzamento dei doni carismatici nella Chiesa di oggi, validando la visione dei Papi di una “primavera della Chiesa”, di “nuova Pentecoste”. Attualmente i movimenti si presentano come partner adulti, che portano nella Chiesa contributi seri e indispensabili di pedagogia evangelica, santificazione, evangelizzazione.
Dal punto di vista teologico la Lettera offre elementi di estrema importanza, non nuovi, ma riproposti con precisione e chiarezza. Seguendo soprattutto l’apporto offerto dal card. Ratzinger nel 1998, e da lui ripreso come Papa nel 2006, si è abbandonato lo schema Carisma / Istituzione come due vie diverse e si è messa in luce l’unica sorgente che è lo Spirito Santo dal quale provengono come doni suoi sia quelli gerarchici che quelli carismatici; egli ne è l’origine e in lui ambedue hanno il medesimo fine: la crescita e la comunicazione universale del dono di Dio all’umanità in Cristo Gesù. Non possono più essere considerati se non congiuntamente.
Là dove si parla del rapporto fra Chiesa universale e Chiesa locale non si afferma più il primato della dimensione universale su quella locale (un aspetto criticato della Communionis notio). Si esprime piuttosto la pericoresi tra le due dimensioni ambedue imprescindibili, senza contrapposizione fra universale e locale.
I criteri di ecclesialità sono passati dai cinque, indicati nella Christifideles laici, a nove. L’aspetto missionario, da quarto criterio diventa il secondo, subito dopo quello della santità, in linea col Vaticano II che vede la Chiesa in ottica missionaria, ma soprattutto in sintonia con la sensibilità odierna di Papa Francesco. L’aver posto come particolare criterio di ecclesialità l’apertura al mondo ricorda che il rapporto tra doni gerarchici e carismatici non è soltanto e prima di tutto una questione interna alla Chiesa, è piuttosto il presupposto per un cammino della Chiesa intera “in uscita” in questa fase nuova della sua storia. Per questo si ricorda ai vescovi, in modo garbato ma deciso, che, come i carismi non sono un fatto opzionale nella Chiesa, così non lo è neppure la loro accoglienza: essi vanno piuttosto recepiti e valorizzati proprio come dono che lo Spirito fa a loro. Se i carismi, e i movimenti che ne sono animati, sono dati per un rinnovamento della Chiesa e per rispondere alle sfide della missione, non si può più immaginare la Chiesa se non animata e ringiovanita dai doni carismatici e gerarchici operanti in sinergia.
Nell’ultima parte si supera definitivamente un certo sospetto, da parte di chi è già detentore di un carisma, nei confronti dei nuovi carismi che lo Spirito dona per tutta la Chiesa, quindi anche per loro. Si afferma chiaramente che i doni carismatici legati alle nuove aggregazioni sono rilevanti anche per i sacerdoti (e non solo per la loro vita personale, ma anche per il ministero) e per gli stessi membri degli Istituti di vita consacrata. Anche in questo è richiesta la reciprocità: se i “nuovi” carismi sono un dono per gli “antichi”, questi ultimi rimangono un dono per i primi. Ciò vale anche per i rapporti tra i membri dei diversi movimenti, la cui comunione e collaborazione è da incrementare costantemente.
La Lettera Iuvenescit Ecclesia non è un documento chiuso. Essa si presta ad ulteriori sviluppi. Dopo il convegno ecumenico promosso dalla Congregazione per gli Istituti di vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, si dovrà approfondire il legame con le forme di vita carismatiche presenti nelle altre Chiese cristiane. Andrà tematizzato anche il rapporto tra i carismi e Maria, così come il “profilo mariano” della Chiesa di cui ha ripetutamente parlato Giovanni Paolo II in consonanza con H.U. von Balthasar. La tematica della Lettera potrebbe infine aiutare a saldare maggiormente il progetto di sinergia tra i vari doni in una prospettiva di Chiesa in uscita e con la Riforma della Chiesa portata avanti da Papa Francesco.
In ultimo occorre rilevare, come già accennato, che l’ambito del documento è volutamente circoscritto. Si tratta di una scelta, che ha consentito l’approfondimento dei rapporti tra movimenti e Gerarchia. Se ne avverte comunque la ristrettezza. Nel futuro si potrebbe auspicare una riflessione ecclesiologica con una visione più ampia, inglobante tutte le forme carismatiche. Inoltre, un documento come la Lettera Iuvenescit Ecclesia dovrebbe essere frutto di un dialogo intenso tra tutte le parti interessate: la Congregazione della Dottrina della Fede, la Congregazione dei Vescovi, la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, il Pontificio Consiglio per i laici. Forse lo è stato, ma sarebbe una piacevole sorpresa leggere la firma congiunta di tutti e quattro i responsabili dei dicasteri, proprio per rendere visibile la comunione dei doni; così come sarebbe bello vederla indirizzata, oltre che ai Vescovi, anche ai Moderatori dei Movimenti, visto che tratta delle loro mutue relazioni.
La Lettera Iuvenescit Ecclesia, per la profondità dottrinale, la positività dell’impianto, la serenità e chiarezza con la quale affronta le tematiche, segna una pietra miliare di non ritorno nel riconoscimento del valore dei nuovi carismi, nel cammino di comunione ecclesiale, nell’apertura verso le nuove frontiere della missione.


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