sabato 1 ottobre 2016

Senza pretese



Il padrone dirà al servo: “Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”…
Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

Com’è odioso questo padrone; odioso come tutti i padroni. Non è certo il ritratto di Gesù che è venuto per servire e non per essere servito, che ha lavato i piedi come un servo e nel Regno dei cieli farà mettere noi a tavola e ci servirà.
Nella parabola il padrone siamo noi, sempre esigenti e mai contenti, e il servo è Gesù, che ha dato perfino la vita per noi.
Come dunque è chiamato a vivere chi è chiamato a seguire un simile Maestro, se vuole essere davvero suo discepolo? In costante donazione, a servizio di tutti, senza pretesa alcuna.
Siamo sempre tentati di commercializzare il nostro servizio: ti do se tu mi dai; ti ho dato quindi devi rendermi il contraccambio.
Oppure arrivano puntuali le recriminazioni: neppure ti accorgi del mio servizio? esprimi almeno un po’ di gratitudine...
Invece no. Il discepolo di Gesù è come il Maestro, ama di un amore concreto, fattivo; serve tutti perché questa è l’espressione dell’amore: agisce “secondo natura”, quella del cristiano, dell’uomo nuovo.
Il sole non può non illuminare e scaldare, l’acqua non può non irrigare, il discepolo non può non servire: è un semplice servitore, nient’altro che un servo (non “inutile”, ma “semplicemente” servo, come nella giusta traduzione).
Ho lavorato, aiutato, mi sono dato tutto? Ho fatto soltanto il mio dovere, ho fatto semplicemente quello che bisognava fare.
Gesù ha fatto così e noi possiamo farlo perché Lui l’ha fatto.
Quale libertà in questa gratuità!

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