domenica 20 novembre 2016

Come sono nate le COMI


Al ritiro di Firenze, 1951
21 febbraio 2001: le Cooperatrici Oblate Missionarie dell’Immacolata, COMI, ricevono l’approvazione del loro Istituto. Mi piace rileggere i ricordi degli inizi così come li ha raccontati il fondatore, p. Gaetano Liuzzo:

La matrice vera e propria dell'Istituto delle COMI sta nella Lettera circolare N°. 182 del P. Deschâtelets, padre generale degli Oblati, che parlava dell'Associazione Missionaria di M. Immacolata. Il giorno stesso della pubblicazione di questa circolare sono stato nominato Direttore dell'AMMI italiana che aveva poche sezioni in alcune delle nostre Case, come Ripalimosani, S. Maria a Vico, Napoli e qualche altra
Nella circolare 182 il P. Generale mirava a che si formasse tra i laici più vicini alla Congregazione o sensibilizzati ad essa, un esercito di fedeli attorno a noi che avesse il motto di Pio XI, il Papa delle Missioni, che era questo: "Tutti i fedeli per tutti gli infedeli". Quindi una dinamica di impegno e di ardore missionario e, alla fine di un paragrafo in cui parlava della parte spirituale aggiungeva una specie di suggestione: "Non si potrebbe augurare la creazione di Centri apostolici numerosi che, alle anime chiamate ad una vita ancor più perfetta, potrebbero, sulla scia dei Terzi Ordini regolari, dare la possibilità di vivere totalmente il nostro ideale religioso e aiutare le opere affidateci dalla Chiesa?".
Ho cominciato a pensarci con una certa simpatia: "E' arrivato il tempo!", perché mi ero accorto girando, che c'erano delle giovani dell’Associazione molto ben preparate dal punto di vista religioso e missionario, già pronte e accese. In marzo passo per S. Maria C.V. Lì mi spuntano quattro di queste giovani, tra le quali c'era anche Maria Albano, che, con parole un po' chiare, un po' sibilline, mi dicono: "Non potremmo fare qualche cosa di più, essere come gli Oblati" e per quanto io stuzzicassi non sono riuscito a tirare fuori "facendo anche i voti", benché ce l'avessi dentro. Poco dopo passo a Maratea e trovo Aurora con un'altra, che mi fanno praticamente lo stesso discorso, anche qui senza arrivare all'ultima conclusione. In questi due incontri ho visto come una conferma che quell'idea che mi stava frullando per la testa, veniva dal Signore.


Con Padre Deschatelets
In un ritiro organizzato a Firenze nell’agosto 1951 per queste giovani ho tentato di formare o confermare in tutte le trentacinque o trentasei presenti il senso della missione oblata, della spiritualità oblata, della collaborazione piena con gli Oblati e del come essere come gli Oblati ed è spuntato fuori: “Sorelle Oblate”.
La sera del 21 agosto ho letto la preghiera, che abbiamo chiamato “Consacrazione sorelle”, in cui c'è tutta l'anima del nascente Istituto, impregnato di spirito mariano, di cattolicità, di spirito missionario e di impegno interiore ed esteriore.
La sera stessa ho preso il motorino e vado dalla parte opposta della città, dal Santo di Firenze che era Mons. Facibeni. Lo chiamavano santo, aveva fondato una sua opera ed io ero andato a chiedergli una benedizione per quest'opera nascente, come se sentissi il bisogno di una conferma esterna alla Congregazione, poiché ero sicuro della conferma che mi sarebbe venuta dal P. Generale, visto che era l'attuazione di un suo desiderio. Stranamente Mons. Facibeni, che non era molto espansivo, mi ha ricevuto molto affettuosamente. Ha preso atto di quello che gli dicevo e mi ha aperto il cuore sulla sua opera, facendomi una panoramica sulle enormi difficoltà.
Io, tornando a casa, mi sono chiesto il perché di queste confidenze e mi è venuto il dubbio che non fossero una specie di profezia. I fatti diranno che è stata una profezia.

Due giorni dopo scrivo al P. Generale. Gli dicevo come erano nate ed aggiungevo che io non parlavo per il momento di Istituto o altro, ma di un movimento di spiritualità con prospettive abbastanza larghe, apertura a quanto il Signore vorrà che alcune facciano anche i voti come i Padri, per essere "Come i Padri, come gli Oblati". Che alcune, quando Dio vorrà vivano insieme, ma non da suore e magari vadano in missione.
Il P. Generale è rimasto entusiasta e ci ha sempre seguito con tantissimo affetto, con tanto amore.
Due anni dopo, nel 1953, le prime hanno fatto i primi voti.

Un punto che per me era importante: "non suore". Pensavo a laiche che vivessero in famiglia, che potessero anche staccarsi da essa e venivano a vivere in un'altra famiglia, ma laiche. Non era questione di non avere un abito religioso e neppure una struttura religiosa, ma soprattutto di avere una mentalità che fosse teologalmente religiosa, ma socialmente laica. Mi riferivo al progetto di P. Deschâtelets: oblate in veste secolare. Oblate vere, consacrate, missionarie, ma che vivono nella condizione normale della loro vita che è secolare.


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