giovedì 15 dicembre 2016

Martiri Oblati del Laos: Com’è morto Mario Borzaga?

  
16 dicembre 2016: per la prima volta, a cinque giorni dalla beatificazione, si celebra la festa liturgica dei Martiri del Laos, assegnata dal calendario della Chiesa universale a questo giorno.

Com’è morto Mario Borzaga e il suo catechista Paolo Thoj Xyooj
Padre Mario e il suo catechista, dopo essere partiti quel 25 aprile 1960 da Kiukatian verso Pha Xoua, sono spariti nel nulla. Proprio da allora, lentamente, padre Mario si fa sempre più presente nel ricordo dei suoi amici. È un crescendo di interesse per questo giovane missionario, considerato un martire. Sei anni dopo la scomparsa, p. Gaetano Drago pubblica un volume che raccoglie 99 lettere indirizzate alia sorella: Un eroe del Laos. Nel 1985 appare il suo diario, Diario di un uomo felice, che riscuote uno straordinario successo e lo fa conoscere ben al di là della sua Trento e della famiglia dei Missionari Oblati. La sua esperienza esercita una forte attrattiva su tanti giovani, e conosciuta nei seminari, nei monasteri di clausura.
Così il 5 novembre 1997 il Consiglio generale degli Oblati decide di iniziare l’itinerario per il riconoscimento della sua santità, assieme a quelli di altri 5 missionari Oblati martiri nel Laos. Nel 2004 il superiore generale comunica ai vescovi del Laos che gli Oblati italiani e francesi si rendono responsabili della Causa dei «Martiri del Laos», lasciando tuttavia che l’itinerario verso la beatificazione di padre Mario proceda separatamente rispetto a quello degli altri martiri. Nello stesso tempo alla figura di padre Mario si associa quella del catechista Paul Thoj Xyooj (leggi Shiong).
Com’è morto padre Mario, assieme al suo catechista? I particolari sono rimasti velati dal mistero per 45 anni. L’inizio della causa di beatificazione è l’occasione perché alcuni testimoni potessero finalmente parlare.
Un giovane, allora quindicenne, che si trovava in foresta a caccia, racconta di quando era stato richiamato da alcune grida. Nascosto tra la boscaglia, riconosce padre Mario e Xyooj con le mani legate dietro la schiena. «Spinti dai soldati, salivano per il sentiero e dove questo si biforca si sono fermati. I soldati hanno tolto la camicia ai prigionieri e li hanno costretti a inginocchiarsi. Li hanno colpiti con il calcio del fucile gridando contro di loro. Il padre parlava in una lingua sconosciuta, poi è rimasto in silenzio, coperto di sangue. Invece Xyooj, che parlava e rispondeva, è stato colpito più e più volte con il calcio del fucile, sulla testa, le orecchie, tutto il corpo, al punto da sanguinare da ogni parte...
Uno dei soldati ha gridato a Xyooj: “Vai subito via”, ma egli ha risposto: “No, non vado, resto con il padre. Se io parto, lui viene con me, se lui non parte, io resto con lui”. Un altro ha gridato: “Dato che non vuol partire, uccidiamolo assieme all’altro”. Un’altra persona ha gridato: “Tu sei responsabile di aver portato questo diavolo e di aver convinto in un giorno più di 10 famiglie a seguirlo”». Il testimone sente Xyooj pregare in hmong: «O Dio, proteggi noi e proteggi il nostro destino; tu li vedi e tu vedi quello che stanno per fare».

Qualcuno dei soldati proponeva di ucciderli sul posto e di gettarli nel fosso accanto, altri pensavano che fosse un luogo troppo esposto. Li hanno quindi obbligati ad alzarsi e tenendoli per le braccia li hanno spinti più lontano, verso un luogo più nascosto. Il testimone li ha così perduti di vista. Anni più tardi, in Francia, ha riconosciuto uno di questi soldati...
Un altro soldato è stato sentito raccontare alcune delle sue bravate, tra cui l’uccisione di una «spia americana» accompagnata da un Hmong: «Li abbiamo costretti a scavare una fossa... Io ho sparato loro. Il Hmong morì sul colpo, ma l’americano, caduto nella fossa, cominciò a gridare: “Perché avete sparato a un padre?”. Senza aspettare li abbiamo ricoperti di terra».

Sei giorni prima di partire per il suo viaggio senza ritorno, padre Mario scrisse la sua ultima lettera alla famiglia da Luang Prabang in data 19 aprile 1960. Terminava con queste parole: «Scusate se questa volta vi ho scritto una letterina breve breve, la prossima volta ve ne scriverò una lunga come un treno...».

Con il suo martirio e la sua santità la sta scrivendo al mondo intero.

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