domenica 12 marzo 2017

L’inizio e il compimento / 1


La prima parola di Gesù riportata dai Vangeli è la risposta alla domanda di Maria: «Perché ci hai fatto questo?». Gesù ha lasciato i genitori per rimanere nel tempio, luogo della presenza di Dio, ed approfondire così la sua Parola.
«Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (Lc 2, 49).
È la prima parola e subito compare il Padre di cui Gesù si dichiara Figlio: è il Padre “suo”. Si dischiude una relazione unica, che attraversa tutto il Vangelo e tutti i Vangeli, di cui Gesù prende sempre più coscienza e che lo porterà a dire: «Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo"» (Lc 10, 22).
Quali sono le cose di cui deve occuparsi non vengono qui esplicitate. È comunque evidente che vi è piena disponibilità al compimento dell’opera che il Padre gli ha affidato: dare la vita.
Gesù deve occuparsi delle cose del Padre. Più che un imperativo morale quel deve è l’indicatore di una missione che il Padre consegna al Figlio. È un atto di fiducia e d’amore, accolto con gioia e amore.

Analoga alla parola di Gesù dodicenne, ve n’è una precedente, pronunciata al momento stesso della sua venuta sulla terra: «entrando nel mondo, Cristo dice: (…) "Ecco, io vengo - poiché di me sta scritto nel rotolo del libro - per fare, o Dio, la tua volontà"» (Eb 10, 5.7).
Anche nel Vangelo di Giovanni Gesù, come nel suo essere Verbo eterno, è interamente  rivolto verso il Padre (cf. Gv 1, 1-2), nell’ascolto della sua parola, disponibile alla missione che egli gli affida. Tutto il quarto Vangelo è una spiegazione della missione che Dio ha affidato al Figlio suo e di come egli l’ha compiuta: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera» (Gv 4, 34). Il Padre gli ha dato opere da compiere (cf. Gv 5, 36) ed egli  ha portato a termine l’opera che gli aveva dato da fare (cf. Gv 17, 4).

Se la prima parola di Gesù è la gioiosa accettazione e la piena disponibilità – un sì generoso e senza riserve – alla missione che il Padre gli affida, l’ultima parola ne indicata proprio il compimento.
Luca e Giovanni la riportano in maniera formalmente diversa ma sostanzialmente uguale.
«Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito», leggiamo nel Vangelo di Luca 23, 46. Come nella prima parola, nell’ultima Gesù nomina il Padre e gli consegna ciò che gli aveva affidato all’inizio, esprimendo la piena accettazione e conformazione al disegno di salvezza voluto dal Padre.
«È compiuto» è invece l’ultima parola di Gesù in Giovanni 19, 30: ha realizzato fino in fonda l’opera che il Padre gli aveva affidato: ha condotto fino al limite estremo il suo amore: «li amò sino alla fine» (13, 1).

Ognuno in Gesù, avrà una missione che il Padre gli ha affidato? Come scoprire, giorno per giorno, nell’ascolto attento della Parola di Dio e dei segni dei tempi, quello che Dio chiede da noi?
E potremo mai arrivare a dire, come Gesù, “È compiuto”? Paolo, rivolgendosi ai Filippesi esprimeva la fiducia che ciò sarebbe stato possibile solo a Dio stesso: «colui che ha iniziato in voi quest'opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù» (1, 6). A noi l’obbedienza, il sì alla missione affidataci.


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