giovedì 4 maggio 2017

Mario Borzaga: ma è proprio un Oblato?



In tutti gli scritti di padre Mario, e non soltanto nel Diario, Eugenio de Mazenod non appare mai. Non credo ne avesse letto una biografia, allora solo in francese e di un secolo prima. Non appare mai la parola spiritualità oblata. Forse non se ne parlava neppure. Gli scritti del Fondatore non erano ancora pubblicati.
Eppure padre Mario è un esponente di spicco della spiritualità oblata. Mi pare non ci sia ancora uno studio in proposito. Varrebbe la pena farlo.
C’è in lui un forte, costante anelito alla santità, perseguita in tutti i modi e nonostante i ripetuti fallimenti. Sicuramente non sapeva che sant’Eugenio, in occasione dell’approvazione della Regola, aveva dato la consegna a tutti gli Oblati: “In nome di Dio, siamo santi”.
Ha capito benissimo in cosa consiste l’oblazione e l’ha vissuta in unione costante con Cristo immolato, come espressione del proprio sacerdozio. Eppure la parola “oblazione” è quasi assente dal suo vocabolario.
Lo slancio missionario lo caratterizza fin dall’inizio e l’ha immortalato nelle parole alla sorella, oggi suo slogan identitario: “Noi missionari siamo fatti così…”.
L’amore per Dio, per i fratelli, per i poveri, riempie le sue pagine ed è la chiave della sua santità.
Ma non c’è mai una citazione di una frase di sant’Eugenio o della letteratura oblata, che egli semplicemente ignorava perché non faceva parte del bagaglio che allora veniva consegnato.
Dunque, dove ha trovato la strada per diventare Oblato? Mi pare di capire che ha tutto ricevuto attraverso la Regola, che ne contiene l’essenza, e dalla tradizione, fatta non di libri ma di testimonianza viva della comunità.

La dichiarazione d’identità è lapidaria: “Ci tengo a notare che io ho lo spirito del Fondatore solo con una buona dose di voglia d'esser santo, di fare la volontà di Dio e null'altro”.  Ma è una dichiarazione alla Mario: “Se incappo in illusioni per il fatto che Gesù desidera da me anche un amore affettivo per le regole, tradizioni (optima legum interpres) eccetera, sono quasi fritto: se è sufficiente l'amore effettivo sono quasi salvo” (30 ottobre 1956).
Mario accoglie la Regola come espressione del Vangelo, come appare più volte nel Diario. Così ad esempio in data 17 febbraio 1957: “Vacanza grande: è l'anniversario dell'approvazione delle Regole. P. Superiore, stamane, ha parlato cosi bene della Regola, strada dei cielo. Luce, amore, Sangue, simbolismi, e realtà care a Giovanni, Via, Verità, Vita, Croce, nomi sacri dei Vangelo per me sono la Regola e perciò è Santa. Qui è la strada che conduce a Cristo. Tutta la bellez­za del Vangelo (…); se per Vangelo intendo quella raccolta di precetti e consigli che conducono alla Santità, alla Vita eterna, me e le anime che mi avvicineranno. Non devo e non voglio cercare Gesù altrove se non là dove me l'addita la Chiesa Cattolica, sua Sposa vermiglia: quam acquisivit sanguine suo. ‘Parla il Papa!’ ma non solo dalla loggia Vatica­na, alla Radio, ma per me solo da questo libretto, dalle pagine di un libretto che lascio spesso in fondo al banco a sonnecchiare e nel cuor mio a dormire della grossa. "Credo nella Chiesa Cattolica": lo dico tutti i giorni, e perciò credo alla Regola. (…) La Regola mi offre l'occasione di non essere un parassita dell'Eucaristia. Se devo vivere la mia Messa, ossia il Sacrificio, la Regola mi offre uno splendido allenamento. (…) Quando alla professione, una mano sacerdotale mi dava la Regola e mi diceva ‘hoc fac et vives’ c'era Gesù accanto che soggiungeva: Ego vobiscum! E basta”.
A questa condizione aveva fatto i voti perpetui, il 21 novembre 1956: “Alla Comunione ho recitato ad alta voce con fermezza la mia oblazione perpetua (…). Poi mi hanno imposto la croce, lo scapolare, mi hanno dato la regola: Hoc fac et vives. Se farò questo vivrò, e ho perciò deciso che finché vivrò farò senz'altro questo e null’altro”.

Due testi ancora, nei quali, dietro la Regola, si intravede la comunità – l’amatissimo convento – e Maria Immacolata.
25 febbraio 1957: “E pregai bene, solo fra le mura del mio ormai amatissimo Convento: sì, perché stamane avevo pensato di chiedere al Cristo nato da me, la grazia assicurata del martirio (…); e invece chiesi di osservare sempre alla perfezione la Regola dei Missionari Oblati di Maria Immacolata”.
18 marzo 1957: Maria “è l'unica che mi può aiutare ad osservare la mia Regola di suo Oblato; e devo dirlo: la Regola per me è l'unica scorcia­toia alla santità. La Regola che mi ha dato in mano l'Immacolata come testimone del suo Amore per me: e che io devo amare”.


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