martedì 27 giugno 2017

Invito a Mistretta


L’invito è per il 30 giugno, a Mistretta (Un’occhiata su Google maps) per la presentazione di Lettere dalla missione. Un missionario in dialogo con la comunità di provenienza.

È un libro per il quale ho scritto la seguente Presentazione

Una volta c’erano i missionari. Partivano con bastimenti o a dorso di cammello e dopo decine e decine di giorni di viaggio, spesso avventuroso, arrivavano in terre lontane, tra popoli dai linguaggi e dai costumi diversissimi. Avevano lasciato i parenti in lacrime, forse non li avrebbero più rivisti. Un distacco doloroso da un mondo amato verso luoghi sconosciuti. Ma partivano con la gioia in cuore, forti del mandato ricevuto da un vescovo o da un superiore, dietro il quale sentivano risuonare il mandato stesso di Gesù: “Andate, annunciate il Vangelo ad ogni creatura...”. Una fede li spingeva: la certezza della verità del Vangelo che volevano condividere con chi ancora non conosceva Gesù. Una speranza li sosteneva: rigenerare i popoli e far nascere la comunità cristiana.
Poi è venuta la decolonizzazione. Nelle nazioni che raggiungevano l’indipendenza gli stranieri non erano più ben visti, e i missionari, benché si fossero fatti “tutto a tutti”, assumendo lingua e usanze, erano considerati come stranieri. Le giovani Chiese iniziavano ad avere i propri vescovi e i propri sacerdoti, lasciando ai vecchi missionari posti sempre più remoti e compiti di secondo piano, come a dire: non abbiamo più bisogno di voi.
È infine emersa una nuova teologia che ha fatto prendere coscienza ad ogni battezzato della propria vocazione missionaria: tutti i cristiani sono missionari, ogni chiesa locale è missionaria. Non c’è più bisogno dei "missionari”.

Eppure i missionari ci sono ancora! Viaggiano sui jet e bruciano le distanze in poche ore. Grazie ai nuovi media sono collegati in diretta con il resto del mondo. Dopo tre, cinque anni, tornano a visitare parenti e amici per raccontare il loro vissuto, per rinsaldare la comunione, per ritemprare le forze e per ripartire con rinnovato entusiasmo. In una società globalizzata, che porta in ogni casa le immagini più lontane e che ha imparato a viaggiare e a scovare i luoghi più reconditi del mondo, i missionari non hanno più l’esclusiva dell’esotico, non sono più come quelli romanzati di una volta.
Eppure i missionari ci sono ancora... Non sono una specie estinta. 1 missionari ci sono perché ancora continuano a risuonare le parole di Gesù: “Andate in tutto il mondo…”, e ci saranno sempre perché le parole di Gesù non passeranno mai.
È vero, tutti i cristiani sono missionari, ma alcuni cristiani ricevono da Gesù una chiamata speciale a dedicare tutta la vita al Vangelo.
Avvertono una necessità impellente come l’avvertiva Paolo di Tarso: “Guai a me se non annuncio il Vangelo”. I missionari diventano così segno di quello che è tutta la Chiesa, gridano a voce alta, con la loro vita, quello che è il dover essere di ogni cristiano. Oggi come una volta continuano a lasciare la propria patria per andare là dove sono chiamati a testimoniare l’amore di Dio per l’umanità.

Ma come sono i missionari di oggi; dove sono; da cosa sono motivati; come vivono?
Queste pagine sono la testimonianza di uno di loro, padre Pippo Giordano. Le lettere che per anni ha continuato a scrivere alla famiglia, e ora raccolte con amore dal cugino padre Michele Giordano, ci fanno vedere da vicino, dal di dentro, cosa vuol dire oggi essere missionario.
Ho conosciuto padre Pippo quando era ancora studente, e già allora era irrequieto, impaziente di lanciarsi subito nel campo apostolico. L’ho poi incontrato in Senegal, in Guinea Bissau, e ho costatato lo stesso slancio, sempre indomito, senza un attimo di riposo, attento alle minime necessità della sua gente, pieno di iniziative.
Leggendo queste lettere si sente la passione che lo anima nel lavoro per quello che ormai è il suo popolo: ci fa entrare entra con lui nelle case dei villaggi e delle città per incontrare donne e bambini, ci si siede lui accanto agli anziani sotto gli alberi, si condividono le sue gioie, i suoi sogni, le sue fatiche. È come se anche noi diventassimo missionari con lui.
Parla di sé, ma non è un missionario solitario. Ha accanto i fratelli della sua famiglia, gli Oblati di Maria Immacolata. All’inizio era tutti italiano, come lui, poi, piano piano, alcuni giovani si sono sentiti attratti e hanno chiesto di condividere la loro stessa vita. Oggi in quelle terre sono più i missionari locali che quelli italiani, pronti ad andare anche in altri Paesi, così come quando padre Pippo ha lasciato l’Italia. La missione continua e le strade vanno ormai in tutte le direzioni.
Grazie padre Pippo, per avere condiviso con noi la tua esperienza missionaria così semplice e pure estremamente difficile e impegnativa, che ha chiesto e continua a chiede il dono totale di sé. Speriamo che, lasciandosi entrando nel tuo mondo, tu possa accendere anche in noi il tuo stesso amore per l’annuncio del Vangelo, la condivisione dell’esperienza di fede, il desiderio di lavorare per la fraternità universale.


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